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Nostro servizio - Sabato 8 Agosto 2009

OSPEDALI: COSA SUCCEDE A SONDALO? SI E’ RIVOLTA AL NOSTRO GIORNALE LA MAMMA DI UN GIOVANE RICOVERATO PRESSO L’OSPEDALE DI SONDALO, IN STATO DI COMA, GIA’ IL 13 LUGLIO SCORSO. SULLA VICENDA ABBIAMO PUBBLICATO L’ARTICOLO CHE POTETE LEGGERE QUI CORRELATO.
SUCCESSIVAMENTE, A QUANTO CI RIFERISCE QUESTA MAMMA DISPERATA PER LE CONDIZIONI DEL PROPRIO FIGLIO, SEMBRA CHE A TANTO DOLORE SI SIANO AGGIUNTI COMPORTAMENTI DA PARTE DEL PRIMARIO PAOLO BRAMBILLA CHE NON COMMENTIAMO, TUTTAVIA ACCOGLIAMO LA RICHIESTA DI UNA MADRE COSTRETTA A SCRIVERE UNA LETTERA APERTA, DOPO ESSERSI SENTITA NEGARE LE NOTIZIE SULLA SALUTE DEL PROPRIO FIGLIO.

LETTERA APERTA AL PROFESSOR PAOLO BRAMBILLA, PRIMARIO PRESSO L’OSPEDALE DI SONDALO.

Egregio Professor Brambilla,
mio figlio Andrea Magnoni, alcuni giorni fa veniva trasferito nel suo reparto dopo essere stato molti giorni in coma profondo presso la Rianimazione e poi presso il reparto di Neurochirurgia.

Ho pertanto preso contatto telefonico con lei, e da lei apprendevo circa una situazione clinica generale in cui versa Andrea, situazione oggettivamente grave, pur con lievi speranze di recupero in un arco di tempo presumibilmente lungo.

Nel corso della nostra prima telefonata, io le chiedevo quali iniziative avreste preso a riguardo delle “fratture multiple scomposte” sulla parte sinistra del volto, così come diagnosticate nella relazione a me rilasciata a firma del dottor Della Morte.

Lei mi rispondeva che di tale aspetto , in termini di “fratture multiple scomposte” non era a conoscenza, e così io, madre premurosa e molto preoccupata mi affrettavo ad inviarle un mio fax allegando la suddetta relazione.
La mia preoccupazione era data anche dalla comparsa improvvisa di febbre, di cui i sanitari non conoscevano la causa.

Il giorno successivo, dopo vari tentativi, riuscivo nuovamente a parlare con lei, rimanendo a dir poco sconcertata dai sui toni, di certo non conformi alla deontologia di un medico.

Mi sono sentita dire: “Io con lei non parlo più, e non le dò più alcuna informazione su suo figlio.”
E alla mia domanda di spiegazioni, su cosa potesse essere accaduto: “ Se lo faccia dire da sua figlia”, e interrompeva la telefonata.

La “giustificazione” di tale suo comportamento, sembra il non volere problemi con i reparto dove era stato nei giorni precedenti mio figlio.
Dunque, problemi interni divenivano “vendetta” nei confronti di una madre?

Da quel momento su sua disposizione, nessun altro del personale del reparto di cui lei è primario, ha voluto darmi notizie su mio figlio, a me che come madre ho precisi diritti, come anche il Tribunale del Malato mi ha confermato.

Eppure, lei professore, come tutti gli altri sanitari che hanno curato Andrea, è stato formalmente informato che io sono legalmente separata dal padre di mio figlio e che con questo uomo io non ho alcun tipo di rapporto né vorrò mai averlo, idem con le altre due figlie schierate con il padre.

Lei è stato informato che io non posso muovermi da Roma, in quanto dipendente dello Stato
Non ho più ferie disponibili, e non posso rubare allo Stato mettendomi io in falsa malattia per venire a Sondalo. O mi si chiede questo? Il Ministro sarebbe d’accordo?

Inoltre non disporrei nemmeno dei denari per alloggiare a mie spese a Sondalo.

Preciso anche che il mio ex marito vi ha sottoscritto una dichiarazione autorizzandovi a darmi notizie di mio figlio, anche telefonicamente.

Sulla base di tali gravi motivazioni, formalizzate ai suoi colleghi sempre a mezzo fax, il personale sanitario mi ha dato giornalmente notizie di mio figlio, nell’ambito dei miei diritti di madre.

Questo fino al suo non commendevole rifiuto.

Eppure mio figlio, da oltre una settimana ha presentato febbre, le cui cause sono state ricercate in diverse direzioni, fino a ieri quando sembra che sia comparsa come complicazione un fungo bronchiale. Lei sa che tra bronchi e polmoni la distanza è assai poca e sa come i funghi si espandano velocemente.

Non sono medico, ma i medici che ho consultato, pur non conoscendo ancora la specificità di questo fungo, mi hanno confermato la gravità di tale complicanza che può portare anche alla morte.
Oltre al fatto che in molti casi si rende necessaria una resezione chirurgica, e comunque gli anitibiotici che si somministrano in questi casi, sono altamente tossici e compromettono la funzionalità renale, quando non si va incontro a crisi respiratorie fatali.

Eppure non vi è stato giorno che raccomandavo ai sanitari di non sottovalutare le fratture multiple scomposte sulla parte sinistra del volto, temendo complicazioni sinusali, secrezioni, che avrebbero potuto causare complicanze, appunto come quella di un fungo.
Mi si rispondeva che lo specialista sarebbe dovuto venire da fuori, non disponendone la vostra struttura, e intanto i giorni trascorrevano e la febbre permaneva.

Mi chiedo come possa essere accaduto un fatto del genere, sebbene ricordo che anche quando mio figlio era in Rianimazione, entravamo indossando un camice e dei copriscarpe, ma nessuna mascherina e nemmeno un copricapo.

Come pure, sono state consentite visite, scusi il termine, a “cani e porci”, amici di politica, amici d’infanzia, zii e conoscenti. Dunque non solo madre, padre e sorelle, ma gente estranea! Gente che toccava mio figlio e poi mi riferiva di aver avuto la sensazione che capisse, o che muovesse un dito... E chi può sapere se queste persone hanno portato qualche germe ad un ragazzo in coma?

Tutto questo, nonostante il Ministro della Sanità stia invitando alla prudenza a causa della pandemia!

E penso che mio figlio, in quanto a difese immunitarie, ne abbia ben poche.

Ma devo constatare che al padre e alle sorelle, di cui una da poco rientrata dall’Irlanda, (!) è consentito perfino trascorrere la notte al suo capezzale. L'Irlanda risulta tra i Paesi con maggiore incidenza di pandemia!

E fino a qualche giorno fa, passavano a mio figlio, me compresa, anche il telefono cellulare. pensi un pò che igiene...!
Da ieri, stranamente, mi veniva vietato di sentire il respiro di mio figlio, perché questi sono i suoi ordini, egregio professore.

Ebbene, voglio sperare che con questa mia lettera aperta lei riveda la sua posizione nei miei confronti, e applichi lo stesso rigido comportamento indistintamente, anche se mio figlio il fungo lo ha contratto quando certe restrizioni non erano imposte.

E vi è prova che io dopo i primi giorni, sono tornata a Roma. E dal mio rientro a Roma, sono trascorsi molti giorni prima della comparsa della febbre. E penso a questo punto che un più severo controllo sui parenti che gli sono accanto, non farebbe male, onde eviitare responsabilità.

In uno spirito di sincerità, le confermo che fin dall’inizio, come risulta da numerosi fax ho insistito per un trasferimento di mio figlio presso una struttura sanitaria di Roma, verso cui mi sento più serena e fiduciosa.

Non credo sia una colpa, prediligere un Ospedale piuttosto di un altro, almeno da parte di una madre che lotta per la vita del proprio figlio.

E altrettanto sinceramente le dico che proprio da lei mi sarei aspettata maggior rispetto ed umanità, se non altro perché lei stesso, fu vittima di una situazione giudiziaria spiacevole, così come è pubblicata in internet, in un articolo che riporto volentieri qui di seguito.

DAL CORRIERE DELLA SERA DEL 5 OTTOBRE 1993 (PAG. 45)

TRAGEDIA IN OSPEDALE: IL PRIMARIO A GIUDIZIO

Il primario dell' ospedale Morelli di Sondalo, Paolo Brambilla, e' stato rinviato a giudizio con l' accusa di omicidio colposo per la morte di Giuseppe Triaca, ricoverato e operato in quell' ospedale circa 1 anno fa.
SONDRIO (m.pu.).La morte sospetta di un malato finira' davanti ai giudici. Il dottor Paolo Brambilla, primario della divisione di neurochirurgia dell' ospedale regionale "Morelli" di Sondalo, e' stato rinviato a giudizio al termine delle indagini coordinate dal procuratore capo della procura circondariale di Sondrio, Gianfranco Avella. Il prossimo 3 novembre il medico sara' processato a Tirano: dovra' rispondere dell' accusa di omicidio colposo. L' inchiesta era scattata circa un anno fa dopo la denuncia dei familiari, assistiti dall' avvocato Giordana Caelli, e del Cevada, il Centro valtellinese per la difesa dei malati. Il caso trova origine nella morte di un anziano di Tirano, Giuseppe Triaca, nell' ospedale dell' Alta Valtellina, all' avanguardia nella chirurgia del ginocchio.
L' uomo era stato ricoverato per un' operazione di ernia al disco e sottoposto a un doppio intervento nell' arco di soli dieci giorni. "L' anziano . aveva rivelato, nell' esposto trasmesso a Palazzo di Giustizia, don Bruno Della Moretta, presidente del Cevada . fu trasferito nel reparto di rianimazione solo cinque ore dopo il secondo intervento". Il pensionato mori' dopo un lunghissimo calvario. E ora la figlia, l' architetto milanese Bianca Maria Triaca, chiede giustizia.


Concludo questa mia lettera aperta, egregio professore, chiedendole nuovamente di provvedere al trasferimento di Andrea a Roma, e nel frattempo, di rispettare i mie diritti di madre di un malato così grave, diritti che non possono essere assorbiti dagli altri familiari, che vantano diritti separati dai miei, e dai quali io non posso legalmente dipendere.

Sono spiacente, che il suo rifiuto a parlare con me, mi abbia costretta ad una lettera aperta, che di certo non farà piacere a chi deve tutelare il buon nome dell’Ospedale. Questo Ospedale ha ottenuto il marchio CEE.

Per questo molti giovani medici, ai fini del loro curriculum, ambiscono a fare pratica, come è pur vero che vi sono sanitari inseriti nella politica, con ruoli di assessorato, o anche scrittori di romanzi, e soprattutto soci del Rotary Club….maestri di educazione e deontologia.

Di qui, il mio sconcerto, nel sentirmi sbattere il telefono in faccia… da un primario.

Vincenza Giuseppini

PS: Chiedo che questa mia lettera aperta, sia inviata per conoscenza al Ministro della Sanità, al Direttore Sanitario dell’Ospedale di Sondalo, e al Tribunale del malato per la Regione Lombardia. Chiedo inoltre a questa redazione di consentire agli utenti, i commenti a questa mia lettera. Confido infatti sulla solidarietà di chi può essersi trovato nelle mie stesse condizioni.
Sono una madre che lotta e non intendo arrendermi ad alcuna sopraffazione.

Vincenza Giuseppini


PER CORRETTA INFORMAZIONE PUBBLICHIAMO UN ARTICOLO DE “IL GIORNALE” DEL 22 MAGGIO 2009


LUIGI MESCIA, IL PRIMO FIRMATARIO

«Questo ospedale va salvato Oggi è in uno stato precario»

— SONDALO —
«IL PRESIDIO OSPEDALIERO di Sondalo versa al momento in uno stato precario». Così Luigi Mescia, primo firmatario della proposta di legge, appoggiata da 9.850 ...


«IL PRESIDIO OSPEDALIERO di Sondalo versa al momento in uno stato precario». Così Luigi Mescia, primo firmatario della proposta di legge, appoggiata da 9.850 firme, nell’introduzione della pubblicazione «Autonomia per Sondalo: un ospedale per la Lombardia», che appoggia e spiega nei dettagli il progetto di cui si è fatto promotore insieme ad altri illustri cittadini della provincia di Sondrio.
«Nel 2003, quando venne costituita l’Aovv - si legge - e Sondalo entrò a farne parte, si acuì il disagio in cui già versava la struttura per carenze di prospettive e discutibili alternanze dei vertici aziendali che si erano succeduti negli ultimi anni. La gestione portò a rilevanti perdite annuali ed un clima di rassegnazione iniziò a serpeggiare anche fra gran parte dei dipendenti. Inoltre, si ridimensionò a tal punto l’amministrazione (tanto è vero che oggi si ipotizza la chiusura delle strutture) che oggi non è minimamente presidiata nelle direzioni amministrative e sanitarie. La dirigenza dell’Aovv, per la verità, si è sempre spesa a rassicurare tutti che Sondalo avrebbe conservato un ruolo importante nelle funzioni di base e nelle riabilitazioni, anche investendo parecchi milioni di euro. Il fatto preoccupante sta però nel verificare che di fronte a simili asserzioni l’ospedale «navighi a vista» senza una meta ben precisa, senza prospettive di medio e lungo percorso. In questo contesto 10 persone si misero in campo per studiare e proporre alternative, tentando di frenare il decadimento dell’ospedale».
I 10 promotori della proposta di legge sono: Luigi Mescia (presidente dal 1973 al 1991 dell’Ente ospedaliero di Bormio e Sondalo), Umberto Bongiorno (direttore Struttura complessa di Ortopedia dell’ospedale di Sondalo), Gianfranco Cucchi (dirigente medico Unità operativa di Cardiologia dell’ospedale di Sondrio), Pietro del Simone (sindaco di Tirano), Elisabetta Ferro Tradati (sindaco di Bormio), Alberto Frizziero (ex sindaco di Sondrio ed ex presidente della Comunità montana della Valtellina), Massimo Magi (primario ospedaliero dal 1975 al 1993 nell’ospedale di Sondalo), Giuseppe Occhi (direttore Struttura complessa di Riabilitazione cardiologica all’ospedale di Sondalo), Giuliano Pradella (già direttore del Dipartimento di emergenza urgenza nel presidio ospedaliero di Sondrio e già diretore sanitario dell’Azienda ospedaliera di Sondalo e dell’Aovv, oggi responsabile dell’Osservatorio sulla sanità allestito dalla Provincia) e Valentino Togni, sindaco di Sondalo.

«L’OSPEDALE DI SONDALO, dopo gli anni bui dal 1970 al 1980 e il suo rilancio quale ospedale regionale e di interesse nazionale, oggi è tornato pesantemente in crisi - scrive Alberto Frizziero nella presentazione della pubblicazione - ed è per questo che abbiamo sentito il dovere di rispondere positivamente all’invito rivolto da Luigi Mescia dando corso alla Proposta di legge di iniziativa popolare. Una proposta tendente per prima cosa a ridare piena autonomia al Morelli ed in secondo luogo a far sì che possa essere intrapresa la strada che porta al suo riconoscimento quale Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Una via che risolverebbe “il problema Sondalo” ma darebbe respiro all’intera sanità provinciale e non a discapito di Sondrio, che potrebbe vedere rinvigorito il suo ruolo. La strada da percorrere è lunga e insidiosa, ma se si saprà trovare una solidarietà diffusa tutto è possibile. A tutti è rivolto un invito all’attenzione e a sostenere fino in fondo tale proposta. Tutti dovranno pronunciarsi: dalle istituzioni ai partiti, dalle organizzazioni sindacali alle forze economiche, e si giudicherà».
Susanna Zambon

 

 

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