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Domenica 23 Gennaio 2011

ANCORA UNA VOLTA LE DONNE ALLA BERLINA
di Gaetanina Sicari Ruffo

Ancora una volta proponiamo ai nostri lettori un articolo di Gaetanina Sicari Ruffo, perché la sua indignazione sugli attuali eclatanti fatti di cronaca di questi giorni è esplosa stavolta incontenibile e ci fa intravedere in sistematica attuazione l’umiliazione della donna da parte dell’uomo, imbelle destinatario di tale dono, nel pascersi della svendita di se stessa da parte della donna.
Ma come non vedere in contemporanea a far da sfondo le giovani fanciulle innocenti strappate alla vita, proprio in quanto donne, da Mostri antichi e nuovi che ora operano in giro per l’Italia

I recenti fatti dell'inchiesta della procura di Milano hanno rivelato la considerazione in cui è tenuta la donna nel nostro Paese: non la donna “dello schermo”, Beatrice, di nobile sentimento e di grande virtù, di cui parla Dante, oggi così richiesto e universalmente considerato padre della nostra lingua e civiltà, che s'intende onorare nella ricorrenza dell'Unità d'Italia, ma donna oggetto ludico, diversivo, scacciapensieri, donna pupattola, figura di avanspettacolo, di una fiction senza fine che va in onda dal mattino alla sera.
D'altronde che i programmi televisivi martellanti quotidianamente sul gusto della licenza morale, del parassitismo, della superficialità e del vuoto più totale avrebbero condotto a questo, bisognava prevederlo. La Tv si è assunta il compito di rieducare le coscienze con la lezione del Grande Fratello, del voyeurismo spinto fino all'indecenza, delle banalità indigeste offerte a colazione, a pranzo ed a cena. Il suo messaggio è prevalentemente osceno e tendenzioso, mira ad addormentare la mente e ad alienare il corpo. Le sue creature sono fantasmi d'un assopimento patologico, il suo linguaggio amorfo e scorretto semina dentro solchi aridi quei denti di drago di cui si diceva qualche tempo fa, a proposito della maga Medea della tragedia greca che così ha fatto vincere il suo Giasone, nella Colchide, con l'astuzia. E poi dicono che i miti sono favole! Contengono la sapienza umana dei secoli passati.
Il puparo non è uno solo, ma ormai sono tanti, convinti che questo sia il vero progresso: fingere, divertirsi, stordirsi. Altrimenti non si sentirebbero tanti padri, intervistati, ripetere con convinzione: “Magari fosse mia figlia al posto di quella che trionfa sulla scena!”. Ma vi rendete conto? La vita reale non si distingue più da quella illusoria, è divenuta scena dove si recita la farsa della ricchezza presunta, della onnipresenza, del potere personale, del qualunquismo e dello scherno.

“Poveri sciocchi quelli che non si divertono”, mi par di sentire ghignare, quando a pochi passi muoiono soldatini, mandati a combattere in missione di pace, si consumano tragedie della miseria e della disoccupazione, muoiono di fame e di stenti bimbi ignorati dalla collettività. Eccola la collettività del 2011: assente, passiva, con gli occhi rossi non di pianto per la tristezza che fa il miserevole spettacolo, ma di eccessivo riso spudorato ed ammiccante al puparo che intende farsi assolvere da tutti, perché non è verità quella che alcuni vedono ed additano esterrefatti, ma finzione e di finzione si può vivere, si deve vivere, perché divertirsi è un sacrosanto diritto sulle spalle di giovani donne che credono di toccare il cielo con i loro vestiti di lustrini, il corpo denudato, il cuore indifferente, la borsa piena, la testa vuota.
E' questa la rivoluzione femminile che dovrebbe far riflettere sui doveri ed i diritti degli individui, sul senso di responsabilità d'assumere verso la famiglia, sulla necessità di operare in sintonia per il rispetto delle leggi e la loro difesa?
Esprimo tutta la mia indignazione di fronte ad uno scenario di assoluta dispersione e mistificazione che non fa certo onore alle donne.


Didascalie (dall'alto verso il basso):

Locandina di Medea (1974) di Pier Paolo Pasolini con Maria Callas e Massimo Girotti

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