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Martedì 25 settembre 2012

NON E’ CERTO GRILLO NELL’ATTUALE QUADRO POLITICO CHE SI PUO’ METTERE DI TRAVERSO. INFATTI SONO ANCORA UNA VOLTA I MAGISTRATI AD ESSERE CURIOSAMENTE ACCUSATI DI DETERMINARE SITUAZIONI CHE DI FATTO “IMPEDISCONO LA GOVERNABILITA’ DEL PAESE”. QUINDI NON PUO’ ESSERE GRILLO L’OBIETTIVO DELL’AZIONE VIOLENTA CHE LUI TANTO TEME, MA CHE E’ SICURAMENTE IN GESTAZIONE, VISTO CHE GLIENE E’ ARRIVATO IL SENTORE, IN QUALCHE MENTE DEVIATA…

di Marcelo Mariani

Il governo Monti sembra destinato a durare, anzi si può serenamente parlare della nascita di un nuovo metodo, di un nuovo stile, di una nuova democrazia che democrazia non è, ma che in Italia pare funzionare, poiché l’ABC di Napolitano al momento attuale pare l’unico modo di fare andare avanti il Paese. Con l’ABC interpretato da Monti abbiamo riscoperto la dignità, l’operatività, la maggioranza di governo, una maggioranza che supera il tecnicismo del porcellum e di ogni premio di maggioranza. È una maggioranza vera. Potrebbe forse essere paragonata a quella dei primi governi del dopoguerra, con la differenza che con questi può avere in comune l’emergenza economica ma non certo la tensione ideale e la volontà operosa di rimettere in cammino il Paese che pure allora ci fu. Abbiamo ormai detto addio ai sogni, sia a quelli sciagurati di Berlusconi che a quelli volenterosi di Bersani.

Con il governo di Mario Monti abbiamo scoperto dopo le terribili incursioni fiscali, anche la paralisi sostanziale – è questo non è solo colpa sua – ma anche l’ipocrisia istituzionalizzata, e questa non può che essere accollata alla sua fedeltà al mandato ricevuto, trasformata in un rosario di promesse, avvertimenti e provvedimenti che si susseguono, si smentiscono, si camuffano da un giorno all’altro. Dire che il governo Monti non fa politica è davvero far finta di non vedere e quindi autorizzarsi a non capire. Monti è un consumato politico di nuovo tipo, così come lo è stato, di nuovo tipo, Berlusconi. Il vecchio, ha ragione Renzi, sono Bersani, Vendola, Rutelli, Fini, tutto il pdl, Casini…
Lo stile di Monti, non quello che lui avrebbe per indole, ma quello che lui si è fatto carico di rappresentare, è un made in Italy politico in cui, la classe, l’intelligenza, la cultura, la moderazione apparente, il modo di vivere, sono una miscela barbosa di anglosassonità, di germanica durezza e di latina pazienza e creatività.
Ma quello che pare debba durare anche dopo le elezioni è il Monti pensiero e la Napolitano azione. Solo che questo genere di operatività richiede un patto retrostante che non può essere più un Monti bis tale e quale, e qui la fantasia italiana ci riserverà di certo molte sorprese. Il Monti bis piacerebbe certamente all’estero e si muoveranno in tal senso le corazzate atlantiche, solo che occorre renderlo comprensibile e digeribile anche allo stomaco difficile della maggioranza degli italiani che in gran parte ancora credono nei valori della democrazia che sono stati abituati a sognare nei 66 anni dalla fine della guerra, mentre l’altra parte, ma è quella che conta, crede solo ai valori del portafoglio e del potere che lo alimenta.
Insomma per governare nel 2013, palesemente e segretamente, così come avvenuto del primo periodo napolimontiano, occorre determinare ancora un ampio consenso, fare di nuovo piegare la testa con argomenti vari a quanti si oppongono. Con il primo governo Monti non è stato difficile, tanto fulminea e determinata è stata l’azione di Napolitano, apparso un vero condottiero d’altri tempi dotato di una lucidità strategica delle forze in campo davvero da manuale e che darà di sicuro spunto ad un saggio teorico-pratico di alta politica. E tutto in perfetta sintonia con il suo proconsole Monti.
Ora però è anche chiaro a tutti, ma in vario modo, che fra qualche mese e quindi nel 2013 occorrerà necessariamente andare a votare, sia per rinnovare il parlamento che la presidenza della Repubblica, ma per votare occorre avere una legge elettorale gradita a tutti, perché quella attuale, il porcellum, tanto saporita per Pdl e Lega in precedenza a loro è venuta a noia, mentre ora piace curiosamente solo al Pd. Ma la maggioranza parlamentare abc con le buone o con le cattive un accordo presto lo troverà e anche questo problema sarà risolto. La discordia attuale è in parte solo un gioco dilatorio per non parlare di sviluppo e arrivare alle elezioni: Monti per completare il mandato affidatogli, il Pdl nel limitare i danni, il Pd nel gestire il consenso raggiunto, l’Udc nel mantenere il suo ruolo ecclesiastico di indispensabile trait d’union.
Ma allora con tanta armonia fra colli, cos’è che può disturbare, chi può impedire che si rinnovi questo patto di governo?
Forse Grillo con il suo movimento M5s? Cos’è che ha fatto strillare Grillo per la paura d’essere eliminato come se gli avessero tirato un calcio al basso ventre. Perché?
Proviamo a capirlo.
Esattamente vent’anni fa, l’Italia passava una delle sue stagioni più incerte e drammatiche: il 17 febbraio 1992 Di Pietro faceva arrestare Mario Chiesa e dava inizio alla stagione detta di Mani Pulite, il 23 maggio avveniva la strage Falcone, il 25 maggio veniva eletto Scalfaro capo dello Stato, il 19 luglio Borsellino e anche lui con gli uomini delle sua scorta veniva trucidato. Eppure Gabriella aveva avvertito in anticipo l’allora capo della Polizia Parisi sia della prima che della seconda strage. Purtroppo non servì, perché gli interessi in gioco erano troppo più grandi della vita di qualche servitore dello Stato. Poi questa stagione di novità era proseguita con le elezioni, con la scomparsa progressiva e veloce dei partiti tradizionali, con la nuova legge elettorale, con l’avvento del Cavaliere sulla scena politica e l’uscita di Craxi.
Ma è anche una stagione che più di altre progressivamente e silenziosamente ha “normalizzato” l’affermarsi contemporaneo sulla scena di uno strano potere multicolore, quello costituito dalla prepotente casta dei numerosi privilegiati politici e manager esageratamente superstipendiati, delle banche, delle assicurazioni, dei grandi patrimoni, delle società collegate con le amministrazioni pubbliche statali e locali, degli enti ecclesiastici di genere speculativo e dalla ultima in ordine di apparizione ufficiale, benché primogenita per nascita, pentacolare criminalità organizzata che secondo i dati di Istat e Corte dei Conti costituisce di gran lunga la maggiore azienda italiana per reddito e movimentazione di capitali. E questi capitali ora servono, e come! Pecunia non olet! La trattativa stato-mafia è stata ed è la realtà che fu oggetto a suo tempo delle indagini di Falcone e Borsellino, ed oggi di quelle dei loro successori, Antonio Ingroia e i pool antimafie di Palermo e Milano in testa. Indagini che ora costituiscono parte essenziale e preliminare di ogni accordo per la formazione di qualsiasi maggioranza e per qualsiasi questione di Stato. Per questa realtà sommersa sono caduti innumerevoli magistrati, oltre ai loro collaboratori delle forze dell’ordine e a quei giornalisti che hanno voluto a tutti i costi dire la loro.
E adesso non è più nemmeno una trattativa occulta, tanto da essere tutti i giorni sui media posta all’attenzione dei cittadini con gli scontri fra Napolitano e i magistrati, e fra quanti pendono da una parte o dall’altra o da nessuna. Insomma qualcosa è avvenuto dietro le quinte, trattativa c’è stata, lo sanno tutti e lo dicono tutti, e nemmeno più a bassa voce. E pur se nell’indubbio imbarazzo di chi è costretto comunque ad avere fra le mani questa orrenda vicenda. Basti ricordare il “Non ci sto!” di Scalfaro che oggi ne vede uno simile in Napolitano.
Ora per arrivare ad un accordo politico di lunga durata che garantisca a ciascuno il suo, a chi il potere, a chi gli appalti, a chi la classe operaia e a chi il paradiso, e per mettere tutti d’accordo, occorre ancora solo eliminare alcuni ostacoli, e gli ostacoli sono le continue indagini della magistratura che un colpo qua e un colpo là “creano da tanti anni solo problemi al buon andamento delle cose”, così come piacerebbe condurle a quanti sono già indagati, a quanti sentono il fiato sul collo degli inquirenti, e infine a quanti non hanno nessuna voglia di sentire il clic clic delle manette e preferiscono stare a guardare e aspettare. Ma c’è una certa magistratura che opera senza tregua nelle malefatte della classe politica e degli affari. E questo continuo lavorio va in qualche modo fermato o non si muoverà più nulla per chissà quanto tempo. Dunque occorre un nuovo patto, naturalmente occulto e che duri, magari altri vent’anni.
Con notevole clamore Grillo ha strillato aiuto! Ma inforcando nuovamente gli occhiali di Gabriella e proseguendo la decodifica dell’attuale situazione, si osserva subito che con i magistrati Grillo e il suo movimento non c’entrano nulla. Di che ha paura, di che straparla quindi il comico, quale avvertimento gli è stato portato? “Che c’azzecca?”, direbbe Di Pietro. Già Di Pietro, un magistrato e un politico assieme. Lui sì che potrebbe essere utile per il patto. Perché se una minaccia è stata portata a Grillo e lui l’ha recepita con tanta paura, qualcosa bolle sicuramente in pentola. Potrebbe accadere di nuovo che così come con Falcone si deviò l’attenzione degli apparati dello Stato che dovevano proteggerlo facendola convergere verso Leoluca Orlando, ora si sia fatto pensare a Grillo per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal vero obiettivo.
Secondo Vittorio Teresi del pool antimafia di Palermo, Giovanni Falcone è stato l’ultima vittima della Prima Repubblica e Paolo Borsellino la prima vittima della Seconda Repubblica. Per noi il comico Grillo può stare tranquillo, lui non rappresenta alcun simbolo che possa ad un tempo costituire l’ultimo sigillo della Seconda Repubblica e il primo della Terza. Nella scelta di un magistrato simbolo convergerebbero invece tanti antichi e recenti rancori mai sopiti e che di nuovo chiedono vendetta verso questa classe di servitori fedeli dello Stato. E allora il denaro scorrerebbe di nuovo a fiumi e si tornerebbe a parlare di lavoro.
Ma questo non è giusto, non è questo che vuole il Signore, non è questa la strada per alcuna crescita del Paese e di nessun genere. E per nessuna categoria sociale o economica. Che nessuno, né Di Pietro, né Ingroia, né Boccassini, né altri siano le vittime designate di un patto di sangue rinnovato. Che non ci si faccia carico di una così orrenda colpa, né si rinnovi alcuno scellerato patto di sangue, ma si torni una buona volta alla ragione, all’etica e alla legalità.

Descrizione immagini (dall'alto verso il basso)

1) Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

2) Il Presidente del Consiglio Mario Monti

3) Il comico Beppe Grillo leader del Movimento 5 Stelle

4) Il pm Giovanni Falcone trucidato con la moglie Francesca Morvillo e con la scorta il 23 maggio 1992 a Capaci

5) Il pm Paolo Borsellino trucidato con la scorta in Via D'Amelio il 19 luglio 1992 a Palermo

6) L'ex pm Antonio Di Pietro leader dell'Italia dei Valori

 

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