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Che la nostra “vecchia” moneta sia collassata per colpa di una overdose di sfiducia da parte dei mercati esteri, che sono stati letteralmente sommersi dalle notizie negative provenienti dall'Italia, ormai è questione assodata.
 
Eppure vale la pena ripercorrere le tappe principali del suicidio d'immagine che ha fatto scempio della fiducia che consigliava gli operatori internazionali di seguire con serenità, se non addirittura con entusiasmo, le nostre vicende interne.
 
Per primo, dopo la prima vittoria elettorale, fu l’allora neo-Presidente del Consiglio, lo stesso di oggi, Silvio Berlusconi ad assestare una sonora legnata sul capoccione dei finanzieri d'oltre confine che vennero accusati, agli inizi dell'estate '94, di "remare contro" la nostra economia per colpa di certi non meglio precisati filibustieri che da Londra stavano speculando sulla nostra”liretta”, guadagnando fortune alle spalle della Banca d'Italia, impossibilitata ad agire per fermarli a causa di Governatori progressisti...
 
Ci fu chi, colto, sempre in quei giorni torridi, da un colpo di calore, si avventurò a dichiarare, come Clemente Mastella allora Ministro del Lavoro, che i veri responsabili del cattivo andamento di Borsa e lira, nonostante il Governo di destra dovesse apparire gradito alla grande finanza mondiale, era la finanza ebraica, anzi per la precisione venne paventata l'esistenza, sempre dal signor Ministro Mastella, aiutato nell'impresa dal collega Tatarella, di un "complotto" giudaico internazionale che stava "vendicandosi" della presenza dei “neo-fascisti” per la prima volta seduti in un Governo Italiano dalla fine della seconda guerra mondiale.
 
L'infelice sortita naturalmente scatenò un vero coro di proteste a livello mondiale: giunsero velenose critiche da ogni parte d'Europa e d'oltre oceano, che si accentuarono quando ai primi di un agosto più caldo di quelli passati e futuri, Gianfranco Fini neo-eletto capo carismatico di Alleanza Nazionale che avrebbe dovuto segnare un netto distacco dal nostalgico Movimento Sociale Italiano rilasciò un'illuminante intervista al Corriere della Sera con la quale chiariva ogni possibile dubbio circa le sue personali convinzioni su Benito Mussolini: per lui è stato il più importante statista che l'Italia mai abbia avuto.
 
Passati solo tre mesi (ripercorrendo a ritroso la storia) dall'insediamento a Palazzo Chigi di Berlusconi, la cosiddetta luna di miele tra il primo ministro e gli ambienti finanziari era già naufragata in un mare di insinuazioni e di prese di posizione che innescarono un clima di sfiducia destinato a persistere nel tempo.
A peggiorare la situazione, ce ne fosse stato bisogno, ci pensò anche l'alto tasso di litigiosità fra i partners che costituivano l'alleanza di governo.
 
Il leader della Lega Umberto Bossi rinfacciava al capo di Forza Italia l'immobilismo dell'esecutivo sul tema cardine del Federalismo.
 
Agli uomini del Carroccio veramente non andava giù, e come dar loro torto, anche l'occupazione selvaggia del potere, praticata dai "colleghi" di Palazzo Chigi che impiegavano tutte le loro energie su temi deboli come l'assetto della RAI, trascurando quelli forti, quali la risistemazione dei conti pubblici che urgeva clamorosamente.
 
Così tra urla, rimbrotti, finte riappacificazioni nel caldo canicolare di Villa San Martino in quel di Arcore, con Bossi scamiciato e Berlusconi sudaticcio, si consumava quella storica estate mentre dagli Stati Uniti, Modigliani, nobel per l'economia e considerato evidentemente un incapace dai furbissimi ministri finanziari italiani ammoniva: "La sfiducia dei mercati nei confronti dell'Italia si combatte in un modo solo: raddrizzate i conti pubblici e finitela con le promesse demagogiche. Tasse e tagli della spesa, ecco cosa dovete fare. E subito."
 
Come è ovvio le parole del valente studioso finirono nel dimenticatoio, anzi, vennero accolte con sufficienza, ricordando le simpatie "democratiche" del professore americano (per la verità italiano) che stava "criticando" l'esecutivo perché non condivideva le scelte politiche di fondo del Governo italiano (e nemmeno le “balle” di Berlusconi, come quella del milione di posti di lavoro in arrivo).
 
Cosi il risultato .... e si arrivò a settembre con i mercati esteri decisamente maldisposti nei nostri confronti a causa dell'immobilismo e della pochezza del programma economico di Berlusconi. "Poco male - commentò giulivo il portavoce del capo, all’epoca Giuliano Ferrara - vorrà dire che dimostreremo la nostra efficienza con una legge finanziaria 1994 veloce, efficace e accettata da tutti".
 
Quel giorno la Borsa di Milano perse il 2,5 per cento in una sola seduta.
All'insegna del: "Fatto!".
E si scatenò l'ennesima polemica grazie a degli spot pubblicitari voluti da Berlusconi sulle reti RAI e Fininvest di acclamazione dei "risultati" dell'azione di governo in carica (vennero bocciati dal garante per la radio televisione) e terminò così anche l'ultimo scampolo d'estate con i primi segnali in arrivo dal mondo sindacale che non promettevano nulla di buono.
 
La troica economica annunciava infatti, senza che nessuno l'avesse chiesto, una finanziaria centrata sui tagli alle pensioni e sugli sgravi fiscali agli imprenditori (per creare nuove opportunità di lavoro dissero Dini Tremonti Pagliarini e Gnutti in coro).
Apriti cielo.
 
Nell'ordine bocciarono l'iniziativa: la Santa Sede, il Partito Popolare Italiano, le sinistre in blocco (ovvio), la Charitas e ogni altra possibile associazione di volontariato e solidarietà nazionale, regionale e locale.
Avevano torto tutti quanti?
 
Comunque un primo risultato tangibile l'azione politica di Berlusconi l'ottenne.
 
A distanza di anni il sindacato ritrovava unità, baldanza e il sostegno forte dei lavoratori. Non accadeva più dal lontano 1970 che centinaia di migliaia, milioni di cittadini, si riconoscessero nelle bandiere della triplice, che da parte sua rispondeva a muso duro al Presidente del Consiglio quando, nel peggior stile reazionario degli anni cinquanta, faceva notare che per i due milioni di persone giunte a Roma per lo sciopero generale di novembre, ce ne erano altrettante al lavoro che non si erano fermate.
 
Cosi anche la simpatia che aveva raccolto in ampi strati dei ceti meno abbienti, Berlusconi se la giocò per colpa di una delle sue "uscite" poco felici.
 
A questo punto il quadro complessivo dell'Italia si delineava in tutte le sue caratteristiche banalmente simili al passato, fatto di fragili governi che hanno da sempre caratterizzato casa nostra con politiche fumose, tese a non scontentare nessuno e in compenso studiate apposta per far incazzare tutti quanti.
 
“Tutti contro tutti” divenne la parola d'ordine dell'inverno che stava per iniziare.
 
Il Capo del Governo contro il Presidente della Repubblica, i sindacati contro Palazzo Chigi, gli studenti contro D'Onofrio, le sinistre contro le destre, il centro contro sé stesso, gli industriali contro le tasse, la Corte dei Conti contro il disavanzo in corso e le avventatezze passate, la Corte Costituzionale contro leggi inique di spesa e ingiustamente vessatorie per i contribuenti, e via così senza più limiti.
 
Non poteva durare e infatti il Polo delle Libertà crollò di schianto.
Non se ne poteva proprio più. Era necessaria una tregua che desse un minimo di fiato alla nazione, anche perché nella sarabanda infernale che in un crescendo inarrestabile stava travolgendo le istituzioni democratiche si era perso l'obiettivo principale dell'esecutivo uscito dalle urne il 27 e 28 marzo: risanare i conti pubblici. Ovviamente al fatto che venisse creata nuova occupazione non credeva ormai più nessuno.
 
La manovra economica varata da Berlusconi quale suo ultimo e primo atto politico si era dimostrata insufficiente, debole e mal concepita.
Occorreva correre presto ai ripari, anche se alcuni (ad esempio noi ) sostenevano che ormai si fosse giunti oltre il punto di "non ritorno", superato il quale la crisi economica e sociale in corso si sarebbe avvitata su sé stessa con conseguenze devastanti.
 
Puntuali ecco i riscontri.
In dieci mesi la nostra “vecchia e tanto amata” moneta perse quasi duecento punti sul marco tedesco, pari al 22 per cento, l'inflazione aumentò riportando il suo valore a quello del 1990, cioè il 4,5 per cento su base annua, l'occupazione diminuì anziché aumentare di ulteriori 450.000 unità portando in alcune zone d'Italia la disoccupazione al 18 per cento, con una media nazionale che sfiorava il 12.
La panoramica è praticamente conclusa.
Non ci attendevano certo mesi e nemmeno anni felici, anzi tutto il contrario.
 
L'instabilità politica voluta con avventatezza da chi tuttavia credeva di uscire vittorioso dalle elezioni future accelerava la caduta non tanto della prima repubblica, quanto della stessa repubblica italiana.
 
L'innesco della fase conclusiva avvenne e il detonatore che fece deflagrare lo Stato Italiano aveva un nome purtroppo conosciuto: inflazione.
I più informati lo sapevano da tempo, la gente comune invece perennemente tenuta all'oscuro per evitare il panico, ma lo spettro dell'inflazione stile anni ottanta già da tempo aleggiava sull'Italia.
I dati dei primi quindici giorni di quel gelido Febbraio confermarono un'impennata verticale dei prezzi in tutte le città italiane come non si vedeva da moltissimo tempo e la ragione di questa sciagurata situazione era da ricercare nell'aumento dei prezzi dovuto al rincaro delle importazioni dopo due anni di svalutazione della nostra “vecchia” moneta.
 
Insomma fu una crisi strutturale purtroppo, contro la quale non si potette far nulla, se non stringere fortemente i cordoni della borsa da parte della Banca Centrale Italiana, Bankitalia insomma.
 
Disgraziatamente sarà questa iniziativa a far esplodere il debito pubblico fino a un passo dalla bancarotta……
 
Fu un precipitare continuo, sarà in seguito l’addio alla nostra “vecchia” lira…. oggi da tutti rimpianta…sostituita dall’ingannevole Euro, che presentatosi come il salvatore della Patria, ha portato il popolo italiano alla fame, ha “istituzionalizzato” l’usura, incrementato la criminalità, allargato a dismisura la soglia della povertà….. per sentirci dire, pochi giorni fa, proprio da chi millantò di voler fare il “Cincinnato” al suo paesello: “Andate a zappare..”
 
Il mondo gira, e come vedete dopo più di un decennio siamo tornati al punto di partenza, senza poter pensare di ripartire, perché il carburante della speranza si è esaurito…
E quello per far girare i motori costa troppo…
Una profezia?…………Presto torneremo a fare i conti con la nostra tanto amata LIRA!
 
Pochi lo sanno, ma in Italia vi sono alcuni piccoli paesi, che non se la sono sentita di lasciare “le vecchie lire” , che continuano ad usare per tutte le necessità quotidiane.
Ebbene, in questi paesini, tutti vivono senza il problema di mettere insieme il pranzo con la cena, e di notte dormono tranquilli…
I commercianti non si lamentano, l’offerta è pari alla richiesta, nessuno è senza lavoro, pochi lussi, ma per tutti , tanta serenità.

Domenica 21 Settembre 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi