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Domenica 28 Novembre 2010

 

UN MONDO DI CONTRADDIZIONI
di Gaetanina Sicari Ruffo

Abbiamo chiesto a Gaetanina Sicari Ruffo, autrice di un assai profondo e documentato saggio “Il voto alle donne - La lunga lotta per il suffragio femminile tra Ottocento e Novecento”, edito recentemente dalla nostra Monde&ditori e con tale opera vincitrice del premio Internazionale Letterario Arché “Anguillara Sabazia Città d’Arte”, di commentare per questa rubrica, alla luce di tanti recenti eventi, cosa sta succedendo nell’universo femminile, e se il lungo cammino delle donne verso la completa parità e dignità nei confronti dell’altro sesso comunque stia procedendo, tra notizie di gossip e politiche (le tante performances di Berlusconi e il caso Carfagna-Mussolini), di cronaca nera (il recente caso di Avetrana e quello già da manuale di Elisa Claps), di curiosità etica e religiosa (la vicenda dei vescovi anglicani che passano tra i cattolici per opposizione verso le donne prete e il caso della prima donna rabbino dopo l’olocausto) e di sofferenza di tante donne eroiche (per tutte la birmana Aung San Suu Kyi). Ed ecco la sua analisi.

A giudicare dall'intenso programma del Festival dell'Eccellenza femminile 2010, tenutosi a Genova, dall'8 al 17 novembre, articolato in tavole rotonde, recitals, performances, mostre, proiezioni, incontri, spettacoli con la partecipazione di autorevoli protagoniste (la scrittrice Dacia Maraini, la sceneggiatrice Susi Cecchi D'Amico, la regista Francesca Comencini, la cantante Teresa De Sio), conclusosi con la I edizione del premio Ipazia (dal nome della sventurata martire pagana del IV sec. d. C. immortalata dal film del regista A. Amenabar) conferito alla danzatrice Carla Fracci, si potrebbe credere già raggiunta una sorta di parità femminile, anzi una supremazia del gentil sesso tutto dedito alla scrittura creativa, all'arte recitativa, all'affascinante combinatoria di musica, spettacolo, cinema e danza. Aspetti tutti lodevolissimi d'un modo di porre all'attenzione con uno scatto d'orgoglio, la condizione femminile contemporanea, perché non si abbia più il cattivo gusto di parlare solo di “veline”, “velone”, donne immagini, accompagnatrici di professione o temporanee. Ma non è tutto oro quel che luce. C'è l'altra faccia della medaglia. Neppure il gotha delle rispettabili persone impegnate ad attenuare certi fatti eclatanti, recentemente successi e a mostrare non solo il bell'aspetto, ma autentiche doti di comunicazione sul tipo dell'adagio dantesco “mostrò quel che potea la lingua nostra”, riesce a far dimenticare la realtà che è sotto gli occhi di tutti, violenta, sconcertante, traumatica che coinvolge non solo gli uomini, ma pure donne senza scrupoli in vetta alle cronache, traditrici dei parenti, dei propri figli persino, degli amici, dei vicini, dei passanti sprovveduti, ma innocenti, come se esse non avessero più cuore e mente, ma fossero votate al diavolo (come dimenticare il Woland di Faust o del romanzo Il Maestro e Margherita di Bulgakov?). Se Dante fosse ancora vivo porrebbe sulla terra e non più nell'Inferno la sua Caina o la Giudecca perché vi fossero tormentate e punite le creature che abdicano alla loro dignità ed umanità pur di far trionfare a tutti i costi il delitto e la finzione, piuttosto che accrescere la qualità dell'essere che richiede conoscenza, altruismo, generosità, puntualità nell'adempimento dei doveri e spirito di sacrificio.
I frutti velenosi dell'apparire anziché dell'essere sono ben noti e diffusi, stanno nel calcolo mirato del tornaconto personale, nell'egocentrismo, nell'indifferenza alle esigenze degli altri, nella confusione dei valori positivi, per cui una società merita questo nome, con quelli negativi, come se il registro dell'essere e dell'avere fosse unificato e ridotto solo a quest'ultimo.
Il fatto è che appartenere ad una società civile comporta degli obblighi che nessuno più rispetta: la salvaguardia della vita che oggi non vale nulla, il rispetto e l'onorabilità di sé, la tolleranza degli altri, la ricerca della verità e il disprezzo dell'utile fine a sé. Ci meritiamo dunque l'appellativo di incivili e barbari se non torniamo a fissare questi paletti importanti del nostro vivere quotidiano. Il monito è rivolto a tutti indiscriminatamente, ma particolarmente alle donne che devono essere la pars construens, trainante, come datrici di vita e sensibili per natura alle aspettative generali, capaci di generare un equilibrio armonico. Dovrebbe valere per loro l'esempio della birmana, premio Nobel, San Suu Kyi, così coraggiosa ed ammirevole nella sua solitudine e attesa della democrazia, così altruista nella sua resistenza ad oltranza da dimenticare se stessa e la famiglia per gli alti ideali della collettività in cui crede.
Certo non tutti hanno la vocazione all'eroismo ed alla santità, più che mai oggi contestati come residui d'un passato che si vuole a tutti i costi rimuovere. Attenzione però che il nuovo che affonda nella superficialità, nell'ignoranza e nella superstizione non provochi l'apocalisse delle coscienze e delle intelligenze, ancor prima di quella cosmica così temuta!
Lo scrittore francese contemporaneo Alain Touraine, docente dell'istituto di Studi Superiori di Sociologia di Parigi, autore di molti testi sull'argomento, ripudia questi timori, perché concretamente convinto che un mondo meno violento è possibile nel futuro se gli uomini saranno meno egoisti e le donne sapranno porsi come operatrici di solidarietà autentica, fautrici d'una integrazione reale che tenda a superare la crisi del separatismo e del razzismo, auspicando così una donna nuova ed un uomo nuovo se si vuole che il futuro ci sia.


Didascalie (dall'alto verso il basso):

Copertina del saggio "Il voto alle donne" di Gaetanina Sicari Ruffo, edito da Mond&editori

Il Nobel San Suu Kyi

Gaetanina Sicari Ruffo alla premiazione del suo saggio al Premio Letterario Internazionale Arché “Anguillara Sabazia Città d’Arte 2010


 

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