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Martedì 14 gennaio 2013

LA PRIMA ITALIA GIUSTA
NON E' QUELLA DI BERSANI E DEL PD...

di Marcelo Mariani


Il Pd da alcuni giorni ha invaso l’Italia con un manifesto che ritrae Bersani associato allo slogan L’ITALIA GIUSTA. Si presuppone che accanto al principale manifesto immagine, con tale slogan così impegnativo siano stati impostati anche i manifesti per i singoli candidati, così come discorsi, convegni, opuscoli e quant’altro fa seguito all’avvio di una campagna elettorale in grande stile. Ma un’organizzazione del livello di quella scesa in campo per il Pd, avrebbe dovuto e potuto facilmente documentarsi in anticipo. Infatti sarebbe bastato digitare “ITALIA GIUSTA” per scoprire che con tale formazione noi esistevamo intanto sul web già dal 2008. Il Pd quindi con lo slogan “L’ITALIA GIUSTA” promuove di fatto un’immagine di sé che si sviluppa subito con l’applicazione di un strano tipo di giustizia che pare consistere anche nell’appropriarsi di quanto identifica da anni altri movimenti politici, per poi adoperarlo tranquillamente a proprio uso e consumo. Se così è, questa campagna elettorale del Pd comincia davvero male e all’insegna di un gesto di noncurante prepotenza che non porterà bene.

Un atto di forza quindi, specie se espresso nei confronti di una pulce, quale è la formazione a suo tempo promossa da Gabriella Carlizzi. Ma una pulce non è Gabriella, né espressione di una pulce quanto lei ha sostenuto e diffuso, poiché le sue lotte sono state forse le maggiori che una donna senza ruoli istituzionali abbia mai condotto nel nostro Paese e non solo. E tutte all’insegna della Giustizia, una parola per lei davvero magica, ma non misteriosa, e priva di equivoci, anzi. Una parola piena di luce da diffondere attorno a sé e da proiettare oltre a sé.
Da qui è nata diversi anni fa ITALIA GIUSTA, non uno slogan come quello del PD, ma una denominazione che scaturisce da un fortissimo impegno, da una realtà fatta di denunce e costellata di azioni concrete per vedere finalmente affermarsi nel nostro Paese il valore principale che deve identificare una qualsiasi comunità: la Giustizia!
Gabriella, dopo i primi anni di lotta contro il malcostume, la droga e la corruzione, alla fine degli anni ’80 affronta quanto di intrecci e di coinvolgimento di uomini politici e di apparati dello Stato si nascondeva dietro il sequestro Moro. Nel 1992 si impegna ancor più coraggiosamente nella lotta alla criminalità organizzata e in quelle che potevano essere i suoi legami con apparati dello Stato, avvertendo con le sue rivelazioni polizia e magistratura, ancor prima che avvenissero, delle stragi dei giudici Falcone e Borsellino e poi in tal proposito delle compromissioni con la mafia di apparati dello Stato e di uomini politici. Subito dopo affronta l’oscura e allora già annosa vicenda del Mostro di Firenze svelandone a ripetizione aspetti, responsabilità e complicità.
Proseguendo nel 2001 con lo scoperchiamento della verità sul caso Narducci e con le sue indicazioni sul caso Meredith.
Più recentemente Gabriella ha riaffermato con Ingroia le argomentazioni di 20 anni prima sull’esistenza delle trattative stato-mafia al tempo delle stragi, ma di quanto si è poi di conseguenza generato di rapporti deviati sino ad oggi.
Sull’esigenza di non dare visibilità giudiziaria a tali rapporti si sono trovati d’accordo, anche se per interessi contrastanti, i tre partiti della grande coalizione italiana. Ma in particolare proprio il Pd che ha sostenuto con forza le prese di posizione di Napolitano nei confronti di Ingroia costretto poi all’esilio in Nicaragua.
E’ un argomento tabù quello di tali rapporti, per il semplice motivo che la trattativa c’è davvero stata, così come avvenne a suo tempo fra le Brigate Rosse e lo Stato sino all’esaurimento di tale movimento benché molti protagonisti siano poi stati riabilitati e in gran parte riammessi nella società civile, e benché con le mani o la coscienza sporche di sangue, collocati talvolta ai massimi livelli del potere politico di allora. Anche qui Gabriella denunciò le compromissioni di alcuni di quegli eminenti politici compiacenti o collusi nei rapporti con i terroristi.
Ecco quindi perché ci dispiace che il PD si sia appropriato con uno slogan di un principio, la Giustizia, che nel nostro caso è fondante ma solo per chi si è battuto con la propria vita per impedire ogni annacquamento dei valori e per contrastare ogni ingresso a persone segnate dal sangue di innocenti.
Per Berlusconi – lo ha proclamato di continuo e anche recentemente da Santoro – alcuni personaggi plurinquisiti da decenni per mafia o per simpatie mafiose, sono persone degnissime e da lui introdotte sull’onda della sua ripetute vittorie in Parlamento e nei suoi governi, ma noi sappiamo che ha una concezione tutta personale di ciò che è giusto.
Dopo di lui anche il Vaticano, e non si capisce perché, poiché questo ente vuole rappresentare in Terra i valori più assoluti, ha con taluni suoi organismi collaterali di fatto da decenni sostenuto il dialogo con apparati e organismi mafiosi.
Ma infine lo stesso PD non è riuscito a distinguersi sempre per linearità, per il semplice motivo che condivide responsabilità di governo anche quando sta all’opposizione, e per responsabilità si intendono anche i compromessi ritenuti necessari.
Si direbbe che in Italia sia impossibile governare senza guastarsi e di conseguenza poi guastare quanto si governa.
A tutto questo si opponeva Gabriella quando firmava le sue denunce sin dal 1988 e negli anni a seguire a Roma, a Milano, a Palermo. Perché la verità non venisse sotterrata nell’edificazione della terza repubblica a cui queste elezioni aspirano.
Ecco perché ITALIA GIUSTA è un binomio che al momento sta male in bocca al Pd, anche se con la L e con l’apostrofo. Perché la Giustizia per l’edificazione dell’Italia non si coniuga con compromesso, con opportunità politica, con legami occulti, specie quando scaturiscono dal versamento di sangue innocente.

 

Descrizione immagini (dall'alto verso il basso)

1) Simbolo Italia Giusta;

2) L'Italia Giusta di Bersani;

3) Gabriella Pasquali Carlizzi.

4) Ingroia.

 

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