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Domenica 23 Maggio 2021

Ancora una volta riproponiamo in ricordo di Giovanni Falcone quanto Gabriella ha scritto sul suo libro "Il volo del Falco" in ricordo dell'eroico magistrato e di quanti erano quel giorno con lui, a partire dalla moglie Francesca Morvillo. E' di tremenda attualità per cui lo riportiamo uguale sperando che serva di fruttuoso ammonimento.

IL VOLO DEL FALCO di Gabriella Pasquali Carlizzi

Sono passati 28 anni da quel 23 maggio del 1992 in cui a Capaci Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta restarono uccisi nell’attentato che ancora oggi annichilisce per la sua violenta efferatezza. Anche quest’anno non possiamo dimenticare, assieme a questi eroi sacrificati ad uno Stato che non vuol sapere, che Gabriella pochi giorni prima si era recata al Viminale ad incontrare il Capo della Polizia Vincenzo Parisi per dichiarare a lui che era in corso di attuazione un terribile attentato. Ricordo bene quel giorno mentre aspettavo che Gabriella terminasse le sue dichiarazioni, e di come lei, accompagnata dal Vicecapo della Polizia Fernando Masone e ben compresa di quanto aveva appena detto, mi raggiunse nella sala dove mi trovavo in attesa, per ritornare assieme verso casa. Nulla venne approfondito nei giorni seguenti dalle autorità di Polizia con Gabriella a seguito delle sue terribili dichiarazioni. Eppure un mese dopo Gabriella si farà lei risentire da Parisi, per un altro terribile annuncio, che questa volta avrebbe riguardato il collega di Falcone, Paolo Borsellino. Eppure anche quest’altro annuncio, purtroppo, verrà confermato dai fatti. Nulla. Anche questa volta nulla verrà chiesto a Gabriella di spiegare. Eppure lei era una persona credibile, altrimenti dove si è visto mai che una semplice cittadina chiede e riesce a farsi ricevere dal Capo della Polizia! Evidentemente il sacrificio si doveva comunque compiere! E non c’era Gabriella che potesse evitarlo! Ed ecco quanto ho voluto ora qui riportare dal piccolo volume “Il volo del Falco” che Gabriella dedicò a questa strage. Da quando il suo volo si orientava ormai come meta consueta intorno a quelle alture così dense di imprevisti, era convinto che le prede più rare e ambite le avrebbe catturate lui, con la sua perspicacia, pronto a tenere le ali spiegate per un tempo incondizionato, con il suo stile da conquistatore e profondo conoscitore delle tane più nascoste, delle mimetizzazioni più sofisticate, ma tutte ben riconoscibili da quell’istinto innato del rapace che fa di lui il FALCONE. Appoggiò la testa sulle spalle di sua moglie, ora pensava ad essere solo Giovanni, un uomo normale, come tanti, voleva inebriarsi di tutto, aveva bisogno di rigenerarsi nel corpo e nello spirito prima di affrontare la settimana decisiva.

Sabato 23 maggio 2020

IL VOLO DEL FALCO

di Gabriella Pasquali Carlizzi

Sono passati 28 anni da quel 23 maggio del 1992 in cui a Capaci Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta restarono uccisi nell’attentato che ancora oggi annichilisce per la sua violenta efferatezza. Anche quest’anno non possiamo dimenticare, assieme a questi eroi sacrificati ad uno Stato che non vuol sapere, che Gabriella pochi giorni prima si era recata al Viminale ad incontrare il Capo della Polizia Vincenzo Parisi per dichiarare a lui che era in corso di attuazione un terribile attentato. Ricordo bene quel giorno mentre aspettavo che Gabriella terminasse le sue dichiarazioni, e di come lei, accompagnata dal Vicecapo della Polizia Fernando Masone e ben compresa di quanto aveva appena detto, mi raggiunse nella sala dove mi trovavo in attesa, per ritornare assieme verso casa. Nulla venne approfondito nei giorni seguenti dalle autorità di Polizia con Gabriella a seguito delle sue terribili dichiarazioni. Eppure un mese dopo Gabriella si farà lei risentire da Parisi, per un altro terribile annuncio, che questa volta avrebbe riguardato il collega di Falcone, Paolo Borsellino. Eppure anche quest’altro annuncio, purtroppo, verrà confermato dai fatti. Nulla. Anche questa volta nulla verrà chiesto a Gabriella di spiegare. Eppure lei era una persona credibile, altrimenti dove si è visto mai che una semplice cittadina chiede e riesce a farsi ricevere dal Capo della Polizia! Evidentemente il sacrificio si doveva comunque compiere! E non c’era Gabriella che potesse evitarlo! Ed ecco quanto ho voluto ora qui riportare dal piccolo volume “Il volo del Falco” che Gabriella dedicò a questa strage.

Da quando il suo volo si orientava ormai come meta consueta intorno a quelle alture così dense di imprevisti, era convinto che le prede più rare e ambite le avrebbe catturate lui, con la sua perspicacia, pronto a tenere le ali spiegate per un tempo incondizionato, con il suo stile da conquistatore e profondo conoscitore delle tane più nascoste, delle mimetizzazioni più sofisticate, ma tutte ben riconoscibili da quell’istinto innato del rapace che fa di lui il FALCONE. Appoggiò la testa sulle spalle di sua moglie, ora pensava ad essere solo Giovanni, un uomo normale, come tanti, voleva inebriarsi di tutto, aveva bisogno di rigenerarsi nel corpo e nello spirito prima di affrontare la settimana decisiva. Infatti, i primi segnali del terremoto politico erano già comparsi, ora era in grado di trasmettere al collega la chiave di tutto, poi sarebbe stata chiara la storia del paese, almeno dagli ultimi venti anni. Era soddisfatto e convinto ancora una volta che spesso il buon esito di un lavoro di equipe si basa proprio sulla fedeltà tra i componenti. Decise mentalmente di guidare lui fino a casa, era un segno di autonomia che lo avrebbe scaricato anche dalle tensioni precedenti; ormai nella sua fantasia c’erano già delle ore bellissime da trascorrere accanto a tutto ciò che amava tanto.

Nell’occasione del 18° anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle di New York, ripropongo qui di seguito dal mio libro “Un caso di schola” il capitolo X della Parte Seconda, appunto dedicato a questa terribile strage:

11 settembre2001 / 11 settembre 2019

Le Torri Gemelle, esperimento di lotta finale

11 settembre 2019 di Carmelo Maria Carlizzi 

- Carmelo, visto che con Thomas Harris e Dan Brown abbiamo varcato l’oceano, così come ugualmente abbiamo fatto seguendo Amanda Knox, volevo chiederti cosa pensava Gabriella dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre del 2001, come l’aveva inquadrato e se gli aveva attribuito un qualche significato che lo collegasse a quanto sin qui abbiamo detto sul Mostro. Ricordo infatti qualche frammento di conversazione avuto con lei a tal proposito.       - Altra domandina semplice come tutte quelle tue. Intanto attenzione all’anno: il 2001, che per convenzione è il primo anno del terzo millennio.

- Perché dici “per convenzione”? Ancora un mistero?- Nessun mistero questa volta. La risposta è semplice perché l’anno effettivo della nascita di Cristo va riportato sette anni indietro. Infatti nel VI secolo, per un errore di calcolo, l’inizio dell’era cristiana fu fissato all’anno 754 di Roma dal monaco Dionigi il Piccolo. Gesù in realtà è nato, così come risulta dalle cronache di Giuseppe Flavio, ma ancor più facendo altresì riferimento al Vangelo di Matteo, al capitolo 2 versetto 1, “al tempo del re Erode”, e al Vangelo di Luca, anche qui al capitolo 2 versetto 1, “quando era governatore della Siria Quirino”, più precisamente Publio Sulpicio Quirino. Quindi siamo tra l’8 e il 6 a.C., ed ecco perché per ottenere l’indicazione esatta del tempo attuale dell’era cristiana rispetto alla nascita di Gesù bisogna ricordare che il nostro calendario è indietro precisamente di sette anni. Questo è universalmente noto e accettato anche in ambito cattolico e dalla Chiesa, e lo puoi trovare serenamente spiegato nella Bibbia all’interno delle note dei due vangeli che ti ho appena citati allorché si parla, oltre che di Erode, in particolare di Quirino il console che con il famoso censimento determinò il viaggio di Giuseppe e Maria sino a Betlemme, nonché di tutti quei fatti che avevano già al tempo una precisa e documentata datazione.

PARLARE DI GIUSTIZIA SENZA AVERE UN MINIMO DI CONOSCENZA SE NON GIURIDICA MA ALMENO DI QUELLE PROCEDURE DI BASE, OFFRE IL FIANCO A QUEI POTERI POLITICI CHE ABUSANO DEL MANDATO A LEGIFERARE , PER EVIDENTI INTERESSI PERSONALI, APPROFITTANDO DELL’IGNORANZA DELLA MATERIA DIFFUSA TRA LA MAGGIOR PARTE DEI CITTADINI.
L’assioma sul quale si fonda il Diritto Costituzionale del cittadino italiano ( e dello straniero) è tutto sommato, semplice: pari dignità ed uguaglianza avanti la Legge ed amministrazione della giurisdizione secondo uno schema ormai collaudato da secoli.

ACCUSA, DIFESA E GIUDIZIO.
Personaggi assolutamente consolidati del film “giustizia” , quindi, sono: il Pubblico Ministero, l’Avvocato e il Giudice, che a seconda delle esigenze e delle opportunità processuali, divengono di volta in volta protagonisti della sceneggiatura che normalmente si conclude con la decisione conforme alla Legge.

I ruoli sono ben definiti dall’opinione comune e rispondono ad esigenze chiare, precise e logiche, nell’ambito del contesto sociale.

Il Pubblico Ministero che, recita la norma, esercita l’azione penale e quindi, svolge e dirige le indagini alle quali delega la Polizia Giudiziaria, individua e persegue gli indizi di reato, chiede l’applicazione di misure cautelari personali e reali finanche sui beni dell’indagato, e che conclude l’opera principe a lui affidata, quella della fase delle indagini preliminari, con il capolavoro garantista delle richieste conclusive al Giudice delle Indagini Preliminari: archiviazione o rinvio a giudizio.

L’Avvocato, figura spesso dipinta con colori oscuri ed indefiniti contorni (che sovente ricordano gli affreschi della Cappella Sistina prima del restauro shocking degli ultimi tempi), che trova comunque, una giustificazione per l’operato del proprio cliente ed addirittura, impavidamente, talvolta ne afferma persino l’innocenza, cui è delegato il compito di assicurare il rispetto delle garanzie costituzionali all’indagato prima, e all’imputato dopo.

Il Giudice, organo supremo dell’amministrazione della Giustizia, che nel dialogo processuale tra Difesa ed Accusa, conduce il processo fino all’epilogo finale della sentenza, di condanna od assolutoria.

Ah, scusate dimenticavamo l’indagato, l’imputato o il reo che dir si voglia, questo bieco ed oscuro personaggio che si muove tra le pagine delle scartoffie processuali, precondannato dagli organi d’informazione fin dal momento della notificazione del primo atto, equivalente all’informazione di garanzia (istituto che non lo si vede mai applicare, se non in occasioni di perquisizioni o sequestri, giacchè ormai la Giurisprudenza imperante ne ha stabilito l’ultroneità prima della richiesta di rinvio al giudizio formulata dal P.M.), ovvero dalla pubblicazione della “velina” che misteriosamente ma puntualmente, vine messa in circolazione negli ambienti giudiziari.

E’ talmente sinistra e perniciosa la figura dell’indiziato, che addirittura gli stessi titolari dell’azione penale ben si guardano dall’incontrarlo prima della definizione delle indagini “preliminari”, ed il fatto che l’Avvocato lo assista, o tenti di farlo,, espone persino quest’ultimo all’ostracismo processuale in questa fase.

Regola imperante è che il P.M. non parla con l’indagato e quindi, neanche con il Difensore di questi, surrogato posticcio del reo.

Le Procure della Repubblica d’Italia sono tappezzate, infatti, di carteklli del tipo: “ La Segreteria del P.M. Tizio riceve il pubblico il giorno x, dalle ore z alle ore k.
Il P.M. riceve gli Avvocati il giorno dalle ore j alle ore q, salvo impegni dell’Ufficio”, con tanti saluti alla facoltà dell’indagato di comparire personalmente e dialogare con l’esercente la pubblica accusa.

Effetto pratico di una situazione di questo genere è che spesso le Aule di Giustizia sono affollate di casi inesistenti.

Un esempio: un giovane separato dalla propria moglie, lascia presso l’abitazione di questa uno scooter che, nonostante le ripetute richieste, non gli viene più consegnato.
Dopo un paio d’anni riceve una notificazione di un provvedimento di sequestro da parte del P.M. , leggendo il quale viene a scoprire che lo scooter era stato colpito dal provvedimento cautelare perché condotto da un minorenne, e che quindi il proprietario era indagato per “incauto affidamento” del mezzo.
Recatosi presso il proprio Difensore e spiegato l’arcano, questi redige una memoria con allegata documentazione, spiegando che lo scooter era nella materiale disponibilità della moglie separata dal proprio Assistito, con ciò fornendo un utile indizio o “pista investigativa” di fin troppo elementare comprensione.

Dopo un anno di silenzio e cartelli come quello sopra riportato, finalmente giunge una notificazione al nostro bieco indagato: rinvio a giudizio per…. Aver condotto lo scooter di cui si tratta, senza aver conseguito la patente (documento peraltro in possesso dell’imputato da almeno dieci anni)!

La conclusione?
Tiratela voi…..

Riflettendoci un attimo, dovremmo esserne terrorizzati ?

Domenica 21 Settembre 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi

GIUSTIZIA : IL DIZIONARIO ITALIANO LA DEFINSCE COSI' : “VIRTU' MORALE CHE CONSISTE NEL RISPETTARE I DIRITTI ALTRUI E NEL RICONOSCERE A CIASCUNO CIO' CHE GLI SPETTA”
SI DICE: “LA GIUSTIZIA ITALIANA E' MALATA”, MA NESSUNO CI INFORMA SULLE CAUSE DI QUESTA MALATTIA CHE SEMBRA DISTRUGGERE SEMPRE DI PIU' I PREZIOSI “ANTICORPI” DEL DIRITTO ... PROVIAMO A FARE UN PO' DI AUTOCRITICA.
Giustizia e diritto: un binomio che dovrebbe essere inscindibile se potessimo sentirci garantiti della certezza del diritto, valore questo sul quale pare si voglia versare l'antica “scolorina” per cancellarne anche le traccie. In tema di giustizia possiamo ben parlare dell'Italia degli scontenti, l'Italia. Ma quale Italia? Quella della gente normale, delle persone ragionevoli, degli onesti, di coloro che tutto sommato, dalla Legge sperano di ottenere se non La Giustizia almeno un po' di giustizia.
È una considerazione amara, la nostra, ma dopo quasi vent'anni di attività professionale e dopo aver assistito ai diversi filoni di indagini sviluppatesi in questo periodo dalle "Anonime Sequestri" del Giudice Imposimato, alle "auto Bleu" di Pazienti, dalla lottaa alle organizzazioni del narcotraffico di Sica, alla "Tangentopoli" di Di Pietro, ci pare che in questo paese ci sia bisogno più che della Giustizia, di una giustizia.
Tutto sommato, se gli antichi padri della filosofia e della storia hanno sempre ribadito ed affermato, nel corso dei secoli, l'importanza essenziale ed irrinunciabile di assicurare al governo dell'uomo' un sistema di sanzioni e di norme che garantisse da un lato, la conviventa sociale e' dall'altro la supremazia dell' ordine democrarico sulle esigenze dei singoli, vi sarà pure un motivo.
E quale se non quello di evitare ad ogni costo, che l'esercizio (arbirrario o meno, non importa) delle ragioni dei singolo si consolidasse in un sistema nel quale il concetto di giustizia finisse con l'identificarsi con la supremazia dei più forte?
Eppure,lo spettatore delle ultime vicende italiche non credo che possa ricevere una sensazione così positiva della giustizia.
Personalmente. almeno, non ho questa impressione.
Un piccolo esempio: ,il nuovo codice di procedura penale ha introdotto la novità processuale della par condicio delle parti che, in parole povere, equivarrebbe all' attuazione (finalmente!), degli antichi principi secondo i quali deve presumersi l'innocenza dell'indagato fino alla condanna definitiva e soprattutto, che durante tutte le fasi processuali, l'Accusa e la Difesa hanno pari diritti ed obblighi. Si tratta, evidentemente, di un successo dei principi democratici e di quelli ancor più importanti, rappresentati dai diritti inviolabili dell'individuo che finalmente. vedono il loro riconoscimento in una legislazione fino a poco fa, ancora regolata da un codice di chiara ed inequivocabiIe ispirazione fascista.
L'approvazione del nuovo codice di procedura penale, quindi, si pone come uno dei passi fondamentali conquistati dalla Prima Repubblica.
A ben guardare, i riflessi pratici della normativa, addirittura, hanno superato ogni immaginazione degli stessi operatori del diritto. Finalmente, abbiamo assistito alla cancellazione dell'arcaico istituto della carcerazione preventiva - divenuta ormai l'anticamera della condanna - di quell'assurdo dell'interrogatorio obbligatorio dell'imputato da parte dei P.M. - causa di umilianti attese avanti le stanze dei magistrati inquirenti - e soprattutto, la possibilità di accedere al registro degli inquisiri tenuto da ciascuna Procura della Repubblica - fattore di incredibili fughe di notizie che trovavano nel facile gioco scandalistico di alcuni organi d'informazione, causa di ancor più umilianti e gravose vicissitudini per gli accusati.
Questi istituti e scusate se mi ripeto, sono stati finalmente ,sostituiti con: a) la custodia cautelare da applicarsi solo in caso di pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di previsione dei compimento di ulteriori reati da parte dell'indagato; b) : la facoltà per l'indagato, di chiedere al P.M. di potersi presentare spontaneamenre e fornire spiegazioni; c) l'assoluta segretezza, persino per gli indagati e gli stessi difensori di questi, delle iscrizioni penali nel registro delle notizie di reato.
L'effetto di una cosi sconvolgenre riforma è sotto gli occhi di tutti e non merita, da parte mia alcun commento: la popolazione carceraria è aumentata del 30% rispetto a quella dei 1989, quelli che non vengono "custoditi cautelarmente", nella prassi, sanno di essere stati indagati solo dopo il ricevimento della richiesta di rinvio al giudizio davanti al Tribunale (ad indagini chiuse ormai), non potendo così avvalersi della presentazione spontanea al P.M. Anche perché non possono essere a conoscenza dell'esistenza di un'indagine che li riguarda ed infine, è del tutto normale che un P.M. minacci l'arresto di un Presidente dei Consiglio dei Ministri o peggio, annunci che gli arresti dei Tizio o dei Caio siano in corso diffondendo i relativi dettagli a stampa, televisione. radio e presumiamo, ma non ne siamo sicuri, per internet.
E non tentate di chiarirvi le idee andando a cercare la parola "riforma" nel vocabolario, perché rimarrete delusi dall'apprendere che ciò significa "modificare, adeguando a nuove esigenze".
Riflettendoci un attimo, dovremmo esserne terrorizzati ?

Sabato 9 Agosto 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi