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giovedì 14 luglio 2017

A CAPACI E A VIA D’AMELIO SI GIOCA ANCORA L’ONORE DEL PAESE
In prossimità della ricorrenza della strage di Via d’Amelio del 19 luglio 1992 che seguì a quella di Capaci del 23 maggio, a voler rispondere a quei galantuomini dell’Antistato e della Mafia che hanno voluto ricordare le loro gesta con la distruzione nei giorni scorsi del busto dedicato a Giovanni Falcone nella scuola di Palermo a lui intitolata, mi piace qui riproporre una mia corrispondenza di oltre due anni fa con Salvatore Borsellino, fratello di Paolo. Il coro di esecrazione espresso da tante parti di quel gesto di sfregio, certamente per lo più sincero è da condividere in pieno, ma a mio avviso non risolve l’enigma tuttora aperto su chi sono stati mandanti ed esecutori delle due stragi e sul perché delle stesse. Così come non lo risolvono le cerimonie di commemorazione che si ripetono ad ogni anniversario.

di Carmelo Maria Carlizzi

  Ecco la mail da me inviata a Salvatore Borsellino:

  Signor Borsellino, poco fa casualmente ho riaperto una mail inviatale oltre un anno fa e che ritengo lei non abbia letto o che l'abbia scartata chi gestisce tale suo indirizzo di posta. Infatti la semplice curiosità avrebbe dovuto indurre il lettore ad approfondire cosa io per discrezione non avevo raccontato. Ma voglio insistere nel dirle del ruolo che mia moglie (Gabriella Pasquali Carlizzi deceduta l'11 agosto 2010) ebbe a svolgere dall'aprile al luglio 1992 a riguardo delle stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E quindi stavolta le invio un brevissimo racconto.

 Mia moglie nell'aprile del '92 venne a sapere che era in preparazione un attentato di mafia a Palermo e quindi chiese di incontrare l'allora capo della Polizia Vincenzo Parisi, che la convocò al Viminale. La accompagnai e attesi in anticamera mentre lei verbalizzava con il vicecapo Masone a cui dopo i saluti preliminari Parisi l'aveva indirizzata. Falcone e i suoi purtroppo perirono nella strage di Capaci. Il 26 giugno seguente, mentre eravamo in vacanza a Porto Santo Stefano mia moglie venne a conoscere, così come era avvenuto in precedenza, che era in preparazione "l'uccisione del giudice Paolo Borsellino". Di nuovo Gabriella contattò Parisi che la indirizzò ai Carabinieri del posto che poi avrebbero provveduto a trasmettergli il relativo verbale. Cosa che Gabriella naturalmente fece così come di certo i Carabinieri. Purtroppo anche stavolta la strage venne attuata. Per questo coraggio non comune che – ne converrà – Gabriella, assieme alla sua famiglia, mostrò in tali due occasioni e che era finalizzato a salvare la vita ai due magistrati, ma anche per numerosi altri interventi in altri casi di Gabriella, subimmo mai cessate persecuzioni d'ogni sorta. Se vorrà, potrò con lei approfondire quanto qui narrato. Cordiali saluti. Carmelo Maria Carlizzi

  Ed ecco la risposta di Salvatore Borsellino:
  Caro Carmelo, ti ringrazio per la tua segnalazione. Io però non sono in grado di andare in fondo a segnalazioni come queste che sono e devono essere di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria. Devi chiedere di essere ricevuto da un PM di cui ritieni di poterti fidare e raccontargli quello che hai raccontato a me. Lui avrà le competenze necessarie per valutare se è il caso di approfondire il tuo racconto verificando, per esempio, se la deposizioni di tua moglie a Masone sia stata verbalizzata e poi trasmessa all'autorità giudiziaria. Salvatore
  Replicai a Borsellino con un'altra lunga mail il 13 novembre 2014:
  Caro Salvatore, intanto grazie della tua risposta, ma il senso della mia mail dello scorso anno e di quella di pochi giorni fa non era certo quello di ricevere un’indicazione su quel che debba fare oggi io a oltre ventidue anni da quei terribili giorni. Infatti per queste ed altre vicende del genere mia moglie Gabriella (ed io ad accompagnarla) allora era spesso presente, quasi di casa, presso la procura di Palermo (Caselli, Scarpinato, Boccassini e vari altri), e sempre su sua propria iniziativa. Per tutte tali vicende per trent’anni ha frequentato le procure di tutta Italia. Per le medesime questioni lo stesso Ingroia più recentemente nel 2010 è venuto a trovare Gabriella presso la nostra casa di Roma qualche mese prima che lei venisse a mancare.
  Credo quindi che il gesto ripetutamente espresso allora da Gabriella per salvare la vita di Falcone e Borsellino e di quanti li accompagnavano, dato il coraggio non comune che conteneva in sé, meriti un approccio ben diverso da parte dei parenti delle vittime rispetto a quello che invece traspare dai tuoi consigli, comunque da ben ventidue anni superati per quanto già da lei compiuto. Né Gabriella aveva allora un ruolo istituzionale o professionale, né un particolare debito o uno specifico dovere verso i due magistrati che non fosse quello – di certo sempre auspicabile – di una comune cittadina.
  Cosa dunque muoveva Gabriella? Ecco un altro interrogativo doveroso da te involontariamente del tutto eluso.
  La fonte delle notizie apprese da Gabriella, la sua ben nota credibilità allora come persona presso gli apparati di magistratura e polizia, il fatto che pochi giorni dopo la strage di Capaci la stessa persona (Gabriella) indicasse con nome e cognome la nuova potenziale vittima designata (Paolo Borsellino), dovevano indurre chi di dovere, da un lato ad isolare Borsellino e i suoi almeno temporaneamente in un bunker antiatomico, ma nel frattempo anche a sottoporre subito Gabriella a interrogatori approfonditi e a chiederle il massimo della collaborazione, che lei sarebbe stata felicissima di dare, avendola peraltro già offerta. Nulla di questo avvenne, mentre avvenne la nuova strage a Via D'Amelio.
  Che Gabriella allora fosse ritenuta credibile te lo dice il fatto stesso che subito dopo la sua richiesta di incontro "per gravissimi e urgenti motivi", la ricevesse direttamente Parisi al Viminale, giacché non credo che chiunque potesse allora, e possa anche oggi, facilmente scrivere e telefonare al capo della Polizia ed essere solo per questo poi direttamente ricevuto. Che poi costui la ricevesse per crederle oppure perché, pur credendole, volesse neutralizzarne l'agire, questo lo sa solo lui, Vincenzo Parisi, che da molti anni anche lui non è più tra i vivi.
  Ma come ha ben dichiarato nei giorni scorsi senza equivoci Napolitano ai magistrati di Palermo nel corso dell’interrogatorio al Quirinale – per chi vuole davvero leggere dentro gli avvenimenti – “allora tememmo un golpe”. E ben spiega Napolitano al pm Teresi e al presidente Montalto come Loris D’Ambrosio(°) (consigliere giuridico del Quirinale) gli avesse scritto nella sua lettera di dimissioni il timore di essere stato al tempo un “utile scriba e scudo per indicibili accordi … prestabiliti all'interno di quella zona grigia che fa di tutto per impedire che si raggiungano le verità scomode del 'terzo livello' o, per dirla con altre parole, è partecipe di un 'patto col diavolo', non sta dalla parte degli italiani onesti ed è disponibile a fare di tutto per ostacolare un pugno di 'pubblici ministeri solitari che cercano la verità sul più turpe affare di Stato della seconda Repubblica: le trattative fra uomini delle istituzioni e uomini della mafia".
http://qn.quotidiano.net/politica/2013/10/17/967278-stato-mafia-lettera-ambrosio-napolitano.shtml
  Anche se Montalto non ha ammesso la domanda dell'avvocato di Riina, Luca Cianferoni, su quale fosse il significato del famoso "non ci sto" di Oscar Luigi Scalfaro, non è difficile ormai comprenderne il senso.
 E fra chi quindi avvennero tali accordi? E da parte di chi, chiedo ora io, si temeva avvenisse il colpo di stato? Da parte di Riina? Ma vogliamo prenderci in giro fra noi e così raggirare ancora gli italiani? Avrebbe forse il capo dei capi per interessi mafiosi (quali?) potuto disporre truppe e carri armati attorno ai palazzi delle istituzioni? Napolitano e con lui gli altri esponenti dello Stato (poiché dice “tememmo”) non potevano allora temere altro che un colpo di stato da parte… dell’antistato! Alla De Lorenzo per capirci. Ecco quindi che i giudici palermitani a modo loro “soddisfatti” se ne tornano a casa. E che altro potranno fare ormai se non girare intorno a ciò che da Riina e Bagarella, e dai loro avvocati (e dietro tutti dall’antistato) gli verrà consentito di avere agli atti!
 La trattativa quindi ci fu, eccome! Ma non fu trattativa mafia-stato, bensì antistato-stato. Da qui il terrore che circolava allora fra i tanti politici (a chi sarebbe toccato?) di saltare per aria. Terrore di essere prescelti non dalla mafia, ma dall'antistato, per loro ben più temibile! Un terrore dello stesso tipo di quello del tempo delle BR, però non divaghiamo… Gli uomini, politici e militari, chiamati n causa come se si fossero sporcati in rapporti con la mafia erano uomini dello Stato e non della mafia. La mafia è stata utilizzata come copertura di interessi sporchi strategici, nazionali e internazionali.
  È questo ormai chiaro adesso a tutti, mentre in quei giorni lo fu solo agli “addetti ai lavori”, i quali a seconda dei ruoli scelsero o furono obbligati a scegliere di tenere coperte o camuffate queste verità.
 Così come è chiaro che ora è in corso da parte dell’antistato la volontà di rinnovare il patto di sangue che fu perpetrato allora con la strage di Giovanni Falcone e di sua moglie Francesca Morvillo, e poi di tuo fratello Paolo e di tutti i loro uomini. Ma anche di tanti altri magistrati e cittadini caduti in quei giorni sotto i colpi di un medesimo disegno. E anche questa volta hanno mandato avanti a fare il ricatto di nuovo Riina, che battendo i pugni sul tavolo tramite il suo avvocato vuole stavolta salire, ma nel senso più completo della parola, addirittura al Quirinale. Così come allora un certo potere andò al governo con tutti i suoi uomini. Infatti è da tempo notorio e accettato che allora seppure anche per suo conto (di Riina) in pochi giorni al governo andarono fior fiore di personaggi impoverendo per vent’anni, e in tutti gli ambiti materiali e morali, il Paese e gli italiani.
  Per questa e molte altre sim questioni Gabriella (ed io con lei) ha subìto, messi in piedi dalla P2, processi, condanne, arresti, spoliazione di beni e calunnie d’ogni sorta sui media.
  Caro Salvatore, il senso delle mie due comunicazioni a te è perciò tutt’altro.
  Tale senso è che il sangue versato consapevolmente ed eroicamente da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e da quanti con loro non sia stato inutile, ma che tante atrocità assieme alle terribili lotte altrettanto eroicamente portate avanti da Gabriella, serva oggi a smascherare e impedire che si versi ancora altro sangue, che di certo sarà invece presto nuovamente versato affinché avvenga il rinnovo del patto allora stipulato. In che modo lo si potrà impedire? Non consentendo tale nuova stipula, ma facendo sì che tutto quanto allora accaduto possa venire finalmente bene in luce e sotto la vera luce, impedendo che di nuovo assieme alla morte di altri innocenti avvenga stavolta il definitivo tracollo del Paese.
  Non credo proprio che la magistratura attuale possa affrontare da sola questa materia, è una strada già percorsa inutilmente da Gabriella per trent’anni. Ti basti a capire questo la mesta discesa dei magistrati dal Colle e la ritirata verso Palermo. Si sono detti "soddisfatti", ma di cosa?
  È lo Stato tutto, e quindi la parte sana del Parlamento e del Paese, magistratura e apparati inquirenti compresi, e quindi tutto l’insieme dei cittadini onesti, che può finalmente abbattere l’Antistato vanificando i suoi rinnovati progetti criminosi.
  Tu hai i mezzi morali assieme agli altri parenti delle vittime e il diritto-dovere ereditario per suscitare questa volontà purificatrice, e se vuoi sarò io a spiegare accanto a te, da te interrogato, ad una tv o ad un giornale, o su un libro, o dove vuoi tu tutta questa dinamica. Tu puoi fare in memoria di tuo fratello Paolo e di quanti caddero con lui, magari solo per una volta e a sorpresa, tale chiamata alla Verità di tutti gli italiani, ed io, con quanto ti ho raccontato essere avvenuto in quei giorni con Gabriella, costituire lo spunto per entrare in tali oscuri meandri e illuminare le verità che vi sono nascoste agli occhi dell'intero Paese...
 
  A questa ulteriore mail Salvatore Borsellino non ha mai dato alcun seguito, né credo che mai lo farà poiché per addentrarsi in quegli oscuri meandri occorrono le stesse motivazioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, o anche quelle di Gabriella che invece tante volte in questi e altri meandri si è spesso infilata

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