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LA GUERRA DI HAMAS CONTRO ISRAELE NASCE DA LONTANO E GUARDA LONTANO, MA E' GIUNTO IL MOMENTO DI...


martedì 14 novembre 2023


di Carmelo Maria Carlizzi

 

Hamas trattiene ad oggi in ostaggio a Gaza oltre 240 israeliani catturati nel corso di un attacco non solo brutale, ma che definire bestiale è ancora lontano da quel che davvero è stato, un qualcosa di nuovo, di mai visto nella gamma della ferocia degli ultimi secoli, peggiore di quella nazista delle camere a gas, ferocia di cui è capace solo l'uomo che si trasforma in un selvaggio assetato di odio e di sangue, quasi un cannibale; già proprio così, poiché dopo aver squartato e bruciato tanti bambini, mancava forse solo che quei bruti se li mangiassero. Inoltre gli israeliani uccisi nell'assalto al rave party del 7 ottobre e nei giorni seguenti sono stati 1.400.

Di contro ad oggi i palestinesi uccisi dagli israeliani, nella loro ritorsione non meno brutale contro Hamas, dal 7 ottobre a Gaza sono oltre 10.500. Oltre alla distruzione di migliaia di abitazioni, ma anche di scuole, ospedali, moschee... Ma il gioco di Hamas appare un crudele calcolo, poiché gli ostaggi sono da loro molto abilmente usati per far montare la rabbia degli israeliani, che si esprime ora infatti in continua ascesa. Ascesa che già è riuscita a mostrare all'opinione pubblica mondiale come quella israeliana possa apparire una vera e propria crudele vendetta. Fra poco il numero delle vittime della guerra salirà a 10 contro 1, ossia 10 palestinesi per ogni ebreo, ma la tendenza è in continua ascesa per passare presto, se non interverrà un cessate il fuoco, ancora oltre.

 

“Riconsegnate gli ostaggi!”, chiedono gli israeliani per fermare la distruzione sistematica di Gaza e dei suoi abitanti, mentre forse potrebbero in cambio anche fare uscire dalle loro carceri altrettante centinaia di palestinesi detenuti. Ma Hamas e chi lo governa vogliono pilotare, senza alcuna pietà nei confronti dei palestinesi da loro governati, la rabbia israeliana, per mostrare gli ebrei al mondo quali mostri peggiori di loro.

E infatti dalle manifestazioni in favore dei palestinesi che ogni giorno si svolgono nelle piazze di ogni città occidentale e persino negli Stati Uniti, sembrerebbe che i calcoli di chi governa Hamas stiano raggiungendo lo scopo. Poco conta per loro se sul sangue di migliaia di palestinesi usati come veri e prorpri scudi umani, poiché gli ostaggi israeliani sono il tesoro con cui loro hanno riempito i forzieri e che ovviamente tengono cari, e con ogni riguardo. Spendendoli quindi con estrema attenzione e cura, poiché appartengono a ben 25 diverse nazionalità!

Se questa è la realtà di Hamas, cioè quella di sacrificare senza scrupoli la vita dei propri cittadini per sfidare gli israeliani senza un limite, siamo evidentemente in presenza di un disegno politico che viene da lontano e guarda lontano poiché appare privo degli scrupoli che sono d'obbligo, di certo in vista di un nuovo assetto mondiale in cui l'Islam assurga a un ruolo di guida alternativo nei confronti del mondo giudaico-cristiano che da molti secoli sta dominando incontrastato il mondo.

Già, il mondo giudaico-cristiano che, specie sul versante cristiano e laico in particolare, ora sta letteralmente dormendo se quanto qui accennato inizia ad avere un fondamento. E inoltre pare che stia abdicando progressivamente sia al proprio primato di civiltà, sia alla propria fede religiosa.

Occorre invece che sin d'ora ci attrezziamo per iniziare a guardare a nostra volta oltre il “lontano” a cui guarda Hamas.

La civiltà giudaico-cristiana e quanto di laico da essa è scaturito, hanno accolto e permesso il progredire al loro interno dell'Islam, tanto da difenderne gli esponenti al punto che nelle università americane ed europee i loro sostenitori vanno conquistando a man bassa le piazze, usando anche loro al momento, e di fatto in unione con Hamas, gli incolpevoli scudi umani palestinesi posti in prima linea.

Sembra giunto il momento che questa nostra civiltà inizi a provvedere con delicatezza, ma con fermezza, a non farsi schiacciare, ma a ristabilire un giusto equilibrio, nel rispetto dell'identità e della volontà di sviluppo di ciascun popolo, senza prevaricazioni di sorta, ma nella ricerca senza sosta di una sintesi superiore e condivisa dei diversi linguaggi.

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