Una finestra nuova, per tutti, aperta sulla strada, sul mondo, ... lontana dai poteri, vicina alla gente, ... curiosa, rispettosa, amica, ... aperta allo scambio, alla battuta, al saluto, alla discussione, alla polemica, ...incline alla pace, ... ansiosa di verità, ...anche provocatoria se necessario, ... puntuale, ... intrigante, ... attesa, ............
di Gabriella Pasquali Carlizzi - Venerdì 20 Marzo 2009

INDAGINE PERICOLOSA PER ARRIVARE AL BANDOLO DI UNA INQUIETANTE MATASSA “ITALIA-KENYA/KENIA-ITALIA”…O SE PREFERITE “ROMA-NAIROBI/NAIROBI ROMA”….
FINO A SCOPRIRE LE OCCULTE E DOLOSE RESPONSABILITA’ DELLA CRISI ECONOMICA DALLA QUALE IL NOSTRO PAESE NON USCIRA’ FACILMENTE E TANTOMENO IN TEMPI BREVI…
FORSE SE IL FIUTO DELL’EX MAGISTRATO ANTONIO DI PIETRO FOSSE ANDATO VERSO LA COSIDDETTA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, NEI MEANDRI DEI MINISTERI INTERESSATI ALLO SVILUPPO, ALL’AMBIENTE, E AI RAPPORTI CON I PAESI DEL COSIDDETTO “TERZO MONDO”, AVREBBE FERMATO LA PIU’ INSOSPETTABILE FUGA DI DENARO DIREZIONATO IN TUTT’ALTRE DIREZIONI CHE QUELLE UMANITARIE…
IL TUTTO BEN PROTETTO DAL SILENZIO DI TANGENTI TRA SOGGETTI CORROTTI ALL’INTERNO DELLE ISTITUZIONI ITALIANE E KENYOTE, ALLA FACCIA DI CHI MUORE DI FAME, DI SETE, E DI MASSACRI…
MA QUALE COOPERAZIONE? MA QUALE SVILUPPO?
CHE LA MAGISTRATURA INDAGHI... NON E’ MAI TROPPO TARDI, E SI INDAGHI SU QUESTA MIA PUBBLICA TESTIMONIANZA … MI SI INTERROGHI… MI SI CHIEDANO LE PROVE… E CHISSA’ CHE IL “FALLIMENTO DELL’AZIENDA ITALIA” NON LO SI DEBBA RISOLVERE NELLE AULE DI GIUSTIZIA E PUNIRE CHI ANCORA OGGI SI ARRICCHISCE DELLA MISERIA ALTRUI….

DOSSIER
Sono rientrata a Roma il 18 marzo 2009, proveniente da Nairobi ove dallo scorso mese di febbraio mi sono recata già due volte, anche se quelli che ritenevo viaggi umanitari per portare aiuti a questo popolo, si sono rivelate missioni investigative, volte a scoperchiare realtà di cui paradossalmente nessuno parla, e quei pochi coraggiosi che in passato hanno tentato di farlo, oggi ne pagano le conseguenze.
Tuttavia la gravità e la drammaticità delle conclusioni cui sono giunta attraverso la mia indagine, merita di non lasciare che tutto continui ad essere ignorato, nonostante altri prima di me si siano imbattuti nelle stesse realtà, abbiano lottato ed esposto la loro stessa vita a seri rischi, senza contare le intimidazioni giudiziarie subite da parte di chi ha omesso e sembra voler omettere ancora quanto dovrebbe essere un obbligo d’ufficio.

Il fatto è che a Nairobi si respira l’aria italiana dei tempi della cosiddetta prima repubblica, come se quei poteri inviolabili ai quali per decenni era stata sottomessa la nostra magistratura, si fossero trasferiti nel territorio africano, proseguendo indisturbati nel ben consolidato meccanismo della corruzione, del clientelismo, delle tangenti, e trovando in loco collusioni all’interno degli stessi apparati della pubblica amministrazione e del Governo.

“Tutto il mondo è un paese”, niente di più vero di questo detto, se consideriamo che dappertutto oggi si trova il male, anche se per essere equilibrati dobbiamo riconoscere che ovunque si trova il bene.
Ed è su questo valore, il bene, che si fonda l’obbligo morale di denunciare tutto ciò che oltre a procurare ingiusti vantaggi economici a singoli, trova la propria ricchezza nella gestione della miseria altrui.

La situazione di Nairobi dal 1994, anno in cui andai l’ultima volta, ad oggi appare sicuramente peggiorata, sia relativamente agli indici della povertà, sia anche all’aumento macroscopico della micro e macro criminalità, anche quella per cosi dire “istituzionalizzata” .

Ma vediamo in che modo dall’Italia escono enormi flussi di denaro che viene ripartito tra chi approva taluni progetti ed ottiene il finanziamento e anziché realizzare i progetti presentati, si mette in tasca il denaro investendolo solo in minima parte in ciò per cui è stato erogato.

Vi è poi un’altra realtà, ancora più inquietante.
Molto spesso nell’ultimo ventennio si è sentito parlare di italiani rapiti in Kenya, o in Somalia, e altrettanto spesso, quando costoro sono stati poi liberati, si è dichiarato che alcun riscatto era stato pagato per tale rilascio.
Ebbene, chissà se a qualcuno è mai venuto in mente che taluni rapimenti sono stati invece organizzati dalla stessa “vittima”, con connivenze locali, al fine di creare un’altra occasione per far affluire denaro proveniente magari dai cosiddetti “fondi neri” ?
E’ prassi che lo Stato escluda in casi di rapimenti il pagamento di riscatto, sarebbe come ammettere di aver trattato con la criminalità.
Non sempre questa è la verità, poiché tutti sanno che di sequestri di persona, o rapimenti se ne occupano i Servizi Segreti, i quali valutano le situazioni e attingono a propria discrezione ai cosiddetti “fondi neri”, cioè denaro che non compare in alcuna contabilità e che può essere utilizzato anche per “fini istituzionali”.
E in realtà, la liberazione di un cittadino in terra straniera, può ben rappresentare un “fine istituzionale”.
Una vita, merita sempre di essere salvata!

Ma la mente umana è anche spesso diabolica, e gli avidi di denaro hanno nel tempo consolidato la tecnica dei falsi rapimenti, circostanze a volte che per la loro spudoratezza sono finite nel mirino di chi voleva vederci più chiaro, anche se poi il tempo e gli ostacoli hanno demotivato gli stessi che erano mossi dalla buona volontà e dalla fedeltà alla toga.

Per non parlare di certe cosiddette case-famiglia dove convivono bambini malati di Aids con bambini inconsapevoli e sani.
Ciò significa, considerando l’elevatissimo indice del virus dell’HIV in Africa, che ai gestori di queste unità nulla importa della salvaguardia dal contagio di chi ancora non è ammalato, bensì queste creature devo fare numero, ed essere strumenti di raccolta di denaro elargito in parte dallo Stato e in grandissima parte dalle Associazioni umanitarie di tutto il mondo, oltre che da milioni di privati che mandano offerte, ben sensibilizzati dalle campagne mediatiche che mostrano all’umanità immagini capaci di commuovere anche i cuori più duri.

E come una ciliegina sulla torta, alla mia indagine si è aggiunta la vicenda relativa alla Discarica di Dandora, una località che vede una vastissima baraccopoli, al cui interno domina la più grande discarica del territorio.
Giorni fa, mentre andavo presso la “scuoletta” di “orfani” ma tutti con i genitori, la Rehoboth Community Center, appunto in località Dandora, sulla mia sinistra mi sono trovata una immensa distesa di rifiuti, difficile vederne i confini tanta era la vastità.
Una discarica senza proporzioni, davvero impressionante.
Seduti su questa spazzatura, grandi e bambini, alcuni cercavano qualcosa da mettere in bocca, altri intenti ad accaparrarsi oggetti da riciclare, magari un semplice pezzo di lamiera arrugginita, in un tanfo irrespirabile… un’ immagine infernale.
Ho chiesto ad una Autorità che mi accompagnava come fosse possibile che esistesse una discarica così, alla portata di tutti e capace di uccidere, avvelenare, intossicare, bambini ed adulti, donne incinte, insomma un vero e proprio attentato alla vita di chiunque.
Mi sento rispondere: “La colpa non è delle Autorità, chi ha fatto qui le scuole, e chi ha costruito le case, quando sono venuti a viverci hanno trovato la discarica, c’era già, e potevano evitare di scegliere questo posto…”.
Una affermazione del genere in quel contesto, l’ho presa come una provocazione, anche perché ho capito dal tono del mio interlocutore che sarebbe stato meglio che non me ne occupassi.
Ho fatto fermare l’auto sulla quale viaggiavo con la mia troupe e abbiamo scattato delle foto e fatto qualche ripresa, mentre ero ben determinata ad affrontare anche questo ulteriore problema.

Avevo la sensazione di rivivere i tempi ben rappresentati in un vecchio film “Le mani sulla città”, ambientato a Napoli, quando uomini del potere istituzionale e politico, approfittando della miseria dominante nei cosiddetti “quartieri spagnoli”, si appropriarono a suon di tangenti perfino del Sole di quel luogo che pure era pur sempre la meta dei turisti di tutto il mondo.
E per costoro si preferì lavorare a colpi di abusivismo e di spregio dell’ambiente, ovunque Hotels per miliardari, e quanto altro nelle compagini societarie non vedeva nemmeno una rappresentanza dei comuni cittadini napoletani.

Anzi, il mantenimento nel degrado di quella parte di città immagine della miseria umana e morale, diveniva paradossalmente una delle caratteristiche da far rientrare nel “pacchetto viaggi”.

Così a Nairobi… tanto che il tanfo di quel “malcostume” solo sfiorato da tangentopoli, mi ha indotto a ricercare l’impronta del nostro Paese dentro i liquami a cielo aperto delle baraccopoli, o all’interno di lussuose residenze stile coloniale in uso ad organizzazioni italiane dedite all’apparenza all’aiuto umanitario, materiale e psicologico di questo popolo di disperati , “volontari” con auto da cinquanta mila euro in su, abiti sportivi da vip, e un accento per lo più bolognese.

Proprio questo particolare, così apparentemente stupido, si è rivelato il mio filo d’Arianna capace di riportarmi a cielo aperto dopo aver percorso il labirinto del malaffare italo-africano.
La grande tragedia dell’Africa, composta da infinite tragedie particolari, si sta consumando tra l’annoiata indifferenza dei popoli del nord del mondo.
Tutto il continente africano è pervaso da una corrente di miseria, di lotte, di morte, e su questo immenso incendio gettano benzina i paesi ricchi, i più preoccupati di come meglio sfruttare le risorse di quei paesi che di portare vero aiuto e autentica solidarietà.
L’azione degli organismi internazionali si dimostra sempre più fallimentare e nefasta, questo perché la filosofia di fondo delle varie organizzazioni mondiali è in realtà la logica del profitto.
E questa volta, Berlusconi, non c’entra, e forse sarebbe lodevole se fosse lui a disporre una apposita commissione parlamentare, atta ad indagare sui enormi flussi di denaro fuoriusciti dalle casse dello Stato per finalità mai rispettate…

E’ di recente memoria un certo Governo, che dietro il paravento ipocrita della cooperazione perpretò imbrogli colossali, e furono rapinati fiumi di denaro distruggendo il tessuto socio-economico dell’Africa, e alimentando l’odio tribale tra le diverse etnie.
E le tensioni e i conflitti scoppiano quotidianamente, anche se la stampa internazionale che vive lì, spesso preferisce non raccontare ciò che può porre a rischio la vita dei giornalisti inviati.
E sono menti molto raffinate quelle che muovono le pedine, menti che hanno sede in Svizzera, a Londra, a New York, a Washinton, ad Amsterdam, Amburgo, Parigi, Roma.
E’ in queste sedi che si pianificano i progetti di sfruttamento dei paesi del cosiddetto “terzo mondo”.
Quanto ormai era in mio possesso di questa drammatica realtà, doveva pur avere una identità predominate a livello di gestione italiana, una identità politica che a sua volta condizionava i pareri istituzionali onde direzionare la ricchezza fuori dalle casse dello Stato per poi appropriarsene in un continente intriso di miseria e povertà assoluta.

Ho pensato intanto di recarmi presso un funzionari dell’Ambasciata Italiana a Nairobi, coordinatore della cooperazione allo sviluppo, al fine di esporle le mie valutazioni e chiedere a quali organizzazioni affidare i nostri aiuti umanitari, senza rischiare distrazioni di denaro proveniente dalla carità cristiana e non certo da fondi pubblici.
Sono stata così ricevuta dal dottor Leone C., qualificandomi in veste di Presidente della Associazione Onlus Opera “Padre Gabriele” con sede in Roma.
Dopo uno scambio di idee, da cui traspariva una certa “rassegnazione” da parte del funzionario a vivere la realtà di Nairobi così come era, non vedendo egli stesso alcuna possibilità di reale cambiamento delle cose, e tantomeno della stessa mentalità dei Kenyoti, gente a suo parere “senza futuro”, mi ha scritto su un foglietto due nomi e relativi numeri telefonici, nomi di due operatori nel sociale che da molto tempo sono in loco e portano avanti alcuni progetti , uno a favore delle attività agricole e dell’irrigazione, l’altro si occupa di carceri minorili e ragazzi di strada
“Vedrà, sicuramente troverete un punto d’incontro”, così mi salutava il dottor C., con l’intesa che gli avrei fatto sapere prima del mio rientro a Roma.

Ho così preso un appuntamento con i due “raccomandati”, e insieme ai miei collaboratori ci siamo recati presso la loro sede, in un quartiere residenziale di Nairobi e con caratteristiche di un certo prestigio.
Più parlavo ed esponevo la mia volontà di denunciare tutti gli episodi di malcostume che avevo constatato con i miei occhi a Nairobi , e più mi rendevo conto che i due declinavano da ogni ipotesi di collaborazione, nonostante io mi rendessi disponibile a sostenere con i nostri mezzi anche le loro iniziative, garantita soprattutto dalla presentazione del funzionario dell’Ambasciata.
Non capivo le loro espressioni, e tantomeno un atteggiamento incline a dissuadermi da azioni di denuncia, anziché sostenermi almeno moralmente…
Uscii da quell’incontro con la netta sensazione di essere stata giudicata persona “scomoda” se non addirittura “pericolosa”…
Ma “scomoda” a chi? E “pericolosa” per chi, per cosa?
Non mi ero sbagliata.
La sera, andando a vedere la mia posta in internet, lessi alcune email sul mio conto che i due avevano inviato ad alcuni loro interlocutori eccellenti di Bologna, email che per errore avevano inviato anche a me, spingendo un tasto sbagliato del loro pc.
Una di queste erano davvero inquietante, e ne riporto il testo.

“dato che la persona che abbiamo incontrato mi sembrava quanto meno stravagante nell'approccio, mi sono dato la briga di cercare in internet..........
in allegato potete leggere quanto ho trovato............ Si commenta da solo. Leone dell'UTL non poteva mandarci di meglio! “

A questa email, l’illustre firmatario allegava uno di quegli articoli-spazzatura di cui internet non risparmia nessuno, da capi di stato, magistrati, politici, testimoni in inchieste importanti,protagonisti del mondo dello spettacolo ecc. mettendo in rete ciò che può ledere la reputazione di chi si vuole colpire.
Naturalmente sul mio conto in internet vi sono migliaia di pagine tutte “al positivo”, ma questo era stato ignorato, come pure non si era nemmeno ipotizzato che quell’articolo preso come “Vangelo”, fosse stato a suo tempo da me querelato.
Sarebbe stato più semplice telefonarmi e chiedermi spiegazioni nel merito…se in me non si fosse vista invece la persona nota per le sue denunce contro ogni forma di malcostume.

Ed era questa mia immagine che tanto aveva “agitato” lor signori, tanto che nella email si legge testualmente “Leone dell’UTL non poteva mandarci di meglio!”

E il lupo cambia il pelo ma non il vizio, se leggiamo una lettera aperta che già nel 1981, Pannella inviò a Giovanni Bersani, attualmente Presidente onorario della organizzazione di cui fanno parte i due “raccomandati”. Leggiamo…

LETTERA APERTA DELLA DELEGAZIONE DEL PARTITO RADICALE AL COMITATO PARITETICO ACP-CEE AL COPRESIDENTE GIOVANNI BERSANI

Freetown, 25 febbraio 1981

Signor Copresidente,

noi non ci sediamo a tavola con i bari, né accettiamo il cibo da chi ci toglie con la violenza morale e giuridica ogni diritto, e quello, elementare, alla parola.

E’ per questo che non accettiamo l’invito a cena all’hotel Mammy-Yoko: perché ci è giunto anche a sua firma. Saremmo stati felici e commossi di esserci se nostro ospite fosse stato solamente S.E. Samuel Pratt, ministro dell’Industria e del Commercio della Repubblica della Sierra Leone, nostro copresidente ad interim. In ogni luogo del mondo spezzare insieme il pane è un atto di amicizia e di civiltà che non possiamo fare con lei.

Lei ci ha impedito, con il suo vice Pearce, delegato del partito amico delle multinazionali e dei guerrafondai, di prendere la parola alla quale abbiamo diritto, lei ci ha perfino negato i servizi tecnici dovuti, interpreti, traduzioni, lei ha perfino occultato proposte di risoluzione che avevamo presentato conformemente al nostro Regolamento e secondo ogni tradizione parlamentare.

Lei è un esperto della politica del bastone e della carota. Poiché non accettiamo la carota che si da a tutti i clienti della politica del riarmo e della fame, tradendo le sue funzioni di copresidente, tornando ad essere alla luce del sole un uomo di parte (e di quale…), lei ha usato il bastone per impedire che noi potessimo parlare dinanzi alla stampa, ai delegati fratelli dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

Lei ha cosi tentato di non far sapere, qui in Africa, qui in Sierra Leone, che fra i deputati ed i partiti europei presenti a questa riunione vi è chi chiedeva a questo comitato paritetico di opporsi alla politica dei nostri governi, che condannano alla morte per fame, quest’anno, almeno trenta milioni di persone, per poter fornire alla infame industria della guerra e della morte altri miliardi di dollari, un decimo dei quali basterebbe per dare sviluppo e benessere a tutte le persone del mondo.

Naturalmente questo non è un attacco privato alla sua persona. Ma è un attacco politico a quel che lei rappresenta e a quel che lei ha fatto, in modo cosi chiaro e poco limpido, contro la causa del diritto e della democrazia, e quella della vita.

D’altra parte, signor copresidente, noi apparteniamo ad un partito povero e onesto, forte di questo.

Noi non siamo dei parlamentari-turisti che si occupano della fame nel mondo solamente quando possono farlo nei grandi alberghi che sorgono in mezzo ai deserti della fame, della sete, della povertà, prodotti dai potenti del mondo che voi cosi bene rappresentate.

Siamo qui interamente a nostre spese private, viaggio e soggiorno compreso. E ne siamo fieri, anche se costa moltissimo: non vogliamo il vostro denaro.

Marco Pannella, Jean Fabre, Gianfranco Dell’Alba

L’UTL significa Unità Tecniche Locali nel mondo, e Leone è appunto il nome del dottor C., il funzionario dell’Ambasciata italiana che mi aveva inviato a loro.

Dopo aver risposto con parole di fuoco, come è nel mio carattere, e dopo aver trasmesso questa posta al dottor C., mi sono detta: “ In fondo sono andata ad offrire aiuti e collaborazione, ma evidentemente i loro “affari” non prevedono la presenza di una persona dedita alla “denuncia”.
E dunque sarà bene che io indaghi e informi chi di dovere.

Ed ecco un altro tassello di certi poteri, specie quando un rapimento avviene sotto un certo Governo, mentre la moglie del Presidente in carica finisce sulle pagine della cronaca internazionale, indagata per affari miliardari all’estero…manco a farlo apposta anche in Kenya…
Ed è stato naturale che io andassi a vedere chi fosse all’epoca il Ministro degli Esteri…
Appunto,un rappresentante della famiglia più ricca e prestigiosa d’Italia…

E ripeto, Berlusconi non era il Capo del Governo….

E che dire di un sequestrato, liberato dopo pochi giorni che risponde ai giornalisti con queste parole?

“Durante la prigionia, sono stato rinchiuso in una villetta, dove sono rimasto da solo tutto il tempo, sorvegliato da miliziani che indossavano la divisa dell' esercito di Aidid e che hanno sempre cercato di esaudire ogni mia richiesta, ha aggiunto (il rapito), che dopo la liberazione e' anche riuscito a telefonare ai suoi familiari a ….”

Una testimone dichiarò:

“Oggi nel primo pomeriggio . ha raccontato ieri sera M. D., la responsabile di un' altra organizzazione non governativa italiana il Cins (Cooperazione Italiana Nord Sud), raggiunta per telefono a Mogadiscio Sud . M.(il rapito) e' stato qui. Verso le tre ha deciso di rientrare a Giohar, la citta' a 90 chilometri da Mogadiscio dove c' e' la sede del C., e mi ha chiesto una scorta che lo accompagnasse fuori dalla capitale attraverso la zona controllata, cioe' , dagli haberghidir del generale Aidid. I miei uomini l' hanno guidato fin fuori citta' e poi sono rientrati. Poco dopo pero' anche M. e' tornato. Aveva scordato una borsa. Ha mandato il suo autista a prenderla, io non l' ho neppure visto, e quindi sono ripartiti, stavolta senza scorta".

Certe stranezze si commentano da sole…..

E indaga che ti indaga, il quadro di talune presenze italiane in Kenya, e in particolare a Nairobi, mi si è completamente chiarito, tanto da condividere in pieno la disapprovazione dei due verso il dottor C. “colpevole” di avere inviato loro una giornalista investigativa… anche se in veste di Presidente di una Associazione umanitaria pronta a sostenere il loro progetti.

Sarà stato un destino, tutto anti-emilano, ma fatto sta che durante il mio soggiorni a Nairobi, avendo chiesto a persona di tutto rispetto di poter visitare una casa per bambini malati di Aids, onde valutare eventuali necessità, sono stata accompagnata in una baraccopoli all’interno della quale, spunta una piccola ma più che decorosa abitazione e scuola, capace di accogliere solo trentadue bambini.
I responsabili in loco ci fanno visitare la struttura e ci spiegano che i bambini non sono tutti malati, ma ce ne è una metà che ancora sono sani e nemmeno sieropositivi.
Chiedo come sia possibile una cosa del genere, tanto più che mi spiegano che i bambini sani non sono a conoscenza di convivere con chi potrebbe contagiarli in ogni momento.

Mi si risponde che si vuole evitare che i bambini malati si sentano isolati… e così mi saltano i nervi, non potendo concepire, in un territorio con un indice del virus drammatico, come si ponga a rischio la vita di chi dovrebbe essere tutelato e protetto.
Ed ecco che vengo a conoscenza che la struttura fa capo ad una Associazione Onlus con sede a Bologna, e che avrei potuto contattare a Bologna la Presidente, la quale mi avrebbe fornito spiegazioni più esaustive.

Non esitai a telefonare alla signora L.C. ma come toccai il dolente tasto, questa mi intimava di non ingerire negli affari di M.Hause, e di andare a dare i nostri aiuti altrove.
Io rispondevo: “Signora io sto visitando il vostro sito web, dove leggo “Aiutaci”, come mai lei non vuole da noi questi aiuti?”..
Domanda retorica la mia, naturalmente, avevo messo le mani in un’altra realtà terrificante, dove quella della convivenza tra bimbi sani e malati appariva essere quasi una sciocchezza da trascurare.

La signora si affretto a “minacciare” il personale, sgridandoli anche per averci fatto visitare la struttura e intimando loro di negare tutto e dire che si erano sbagliati…
Peccato che il personale era già caduto nella mia trappola, e aveva confessato tutto davanti a testimoni.

Gli sponsor di questa Associazione sono Banche, Enti, Fondazioni, ed anche l’Ambasciata Italiana a Nairobi, sponsor che tengono alto il livello di cospicue donazioni, di cui forse sarebbe necessario capirne il reale utilizzo, atteso che tanto denaro non è assolutamente giustificato dal mantenimento di trentadue bambini, più un’altra cinquantina del circondario cui viene distribuito un modestissimo pasto.

Mi chiedo se le affermazioni di Berlusconi a riguardo “dell’indulgenza plenaria” conferita da una certa magistratura al centro-sinistra italiano, non abbiano un fondamento di verità, atteso che sembra che tali vicende non siano state scoperte solo da me, ma addirittura fossero già note anche a qualche dipendente della nostra Ambasciata…

E torniamo alla discarica di Dandora….
Uno scempio e crimine umano di quelle proporzioni, non lo avrei per alcun motivo sottovalutato. Indago…
Vengo a sapere che sotto il Governo Prodi (ancora Bologna!!!) l’Italia e il Governo di Nairobi raggiungono un accordo in forza del quale si sarebbe iniziato un lavoro di bonifica della discarica.
A tale scopo, viene affidato l’incarico per uno studio di fattibilità ad una certa Società… il nome non mi era assolutamente nuovo, specie quando sono andata a leggere chi vi era dentro a vario titolo, anche se non riuscivo a ricordare in quale contesto mi ero imbattuta negli stessi personaggi…
Per tale incarico il Governo italiano aveva messo a disposizione di questa società oltre settecentomila dollari, approvando l’intera operazione di bonifica ad un costo di trentamilioni di dollari.
La cosa non è chiara all’ex Ministro Pecoraro Scanio, che blocca il finanziamento e interessa la magistratura italiana.
L’inchiesta finisce all’attenzione del Procuratore Maria Cordova…
Ecco che un ritorno di memoria mi illumina su quei nomi che mi era parso di aver già conosciuto…
E così racconto ai miei interlocutori, che di quei signori si era interessata proprio la dottoressa Cordova, in una nota inchiesta denominata Otomelara, un’inchiesta di cui la stessa Cordova era stata privata dall’allora Procuratore Capo di Roma Ugo Giudiceandrea.

L’indagine fece tremare i nomi più illustri e potenti della prima repubblica ed era mirata a scoperchiare il più colossale traffico di armi a livello internazionale, nonchè gli autori di morti misteriose di militari dei Servizi Segreti….

Ma questa sarebbe un’altra storia, se non vi fosse la casualità che le due inchieste, con qualche nome in comune, a distanza di oltre quindici anni sono finite nella mani dello stesso Magistrato…
E sembra, a dire di chi lottò a lungo contro la discarica di Dandora, che tutto si avvii verso una archiviazione.

I due Padri Missionari Comboniani che si esposero in questa battaglia, sensibilizzando la popolazione di Nairobi, attualmente uno è rientrato in Italia, e l’altro risiede in Israele…
Sarà stata una loro scelta, o ordini superiori?

L’ex Ministro Pecoraro Scanio, il quale in pratica si mise contro il suo stesso Governo e contro i tecnici del suo Ministero, fu esautorato, e manco a farlo apposta finì indagato proprio per fatti legati alle discariche.
Così si legge di lui nell’enciclopedia Wikipedia:

“Una inchiesta della procura della Repubblica di Potenza lo ha coinvolto quale ministro dell'Ambiente, indagandolo per associazione a delinquere e corruzione per alcuni rapporti ipotizzati dai magistrati con imprenditori legati allo smaltimento dei rifiuti e al titolare di un'agenzia di viaggi specializzata in vacanze di lusso, affitto di yacht e velivoli oltre che nel provvedere anche a organizzazione di servizi di scorta. Gli atti di chiusura dell'indagine sono stati trasmessi per competenza al Tribunale dei Ministri. Pecoraro Scanio avrebbe usufruito di vari favori a titolo di ricompensa per la concessione di appalti ed incarichi di consulenza. Inoltre avrebbe effettuato come viaggi privati in elicottero pagati dal Ministero e in cambio avrebbe ricevuto altri voli privati in elicottero, vacanze verso mete esotiche e soggiorni in un hotel di sette stelle a Milano a spese dell'imprenditore che noleggiava i trasporti in elicottero. Inoltre, secondo i magistrati, lo stesso imprenditore avrebbe acquistato un terreno per conto del ministro nella zona di Viterbo e la locazione di un immobile a Roma che sarebbe dovuta diventare la sede di una fondazione riconducibile al ministro. Pecoraro Scanio ha smentito ogni addebito e la sua difesa si è detta pronta a dimostrare che i viaggi in elicottero privato sono stati effettuati in quanto più economici dei costi degli stessi viaggi compiuti con i mezzi della Forestale.

Al termine dei suoi 16 anni di carriera parlamentare è stato liquidato con un TFR di 149.792 euro e percepisce un vitalizio di 8.836 euro lordi al mese“.

CONCLUSIONI

Questo dossier è molto parziale rispetto alle informazioni da me raccolte e che sono disponibile a sottoporre al vaglio della magistratura competente.

E penso che sia anche desiderio della pubblica amministrazione di Nairobi nei suo rappresentati onesti, come pure dell’Ambasciata del Kenya in Roma e dell’Ambasciata italiana nella capitale del Kenya, far luce sulle vicende qui esposte e porre fine alle vergognose speculazioni che approfittano perfino di un popolo che non conosce le leggi, non conosce i propri diritti, e pensa che queste realtà rientrino nel loro stato di degrado e povertà in tutti i sensi… la loro “normalità”…

Dalla maggioranza dei cittadini di Nairobi, non è difficile ottenere qualunque cosa, in cambio di un pacco di riso o di farina… qualunque cosa… per chi non sa distinguere ciò che è reato da ciò che non lo è.

Prima di rientrare in Italia, ho incontrato un’Autorità del City Council di Nairobi, (Municipio), una persona onesta e coraggiosa, una persona che mi ha fatto recapitare in hotel la seguente lettera, che traduco dall’inglese.

"… Sentiti saluti da me stesso e dai residenti della città di Nairobi.
E’ stato un momento davvero meraviglioso avere incontrato e dialogato con lei , Elisa Antonelli e Matteo Mantovani, esplorando le possibilità di una collaborazione tra la sua stimata organizzazione e la città di Nairobi nell’interesse dei bisognosi che sono fra di noi.
La città di Nairobi ha una popolazione di quasi quattro milioni di persone, il sessanta per cento dei quali vive con meno di un dollaro al giorno, il che significa che non possono facilmente accedere ai bisogni primari della vita.
Sarà quindi un gradito aiuto a queste persone se la vostra organizzazione può venire in soccorso e mitigare la condizione di questi cittadini nei quartieri , costruendo centri di accoglienza, istituti di riabilitazione, centri per l’avviamento professionale, programmi di nutrizione, scuole … e creare una sinergia.
Nello stesso tempo, ho iniziato la formulazione di una proposta riguardo queste aree, che le manderò per essere da voi esaminata a tempo debito quando completa.
Vi ringrazio per il tempo dedicato a dialogare con me e per il supporto che intendete dare ai bisognosi della città di Nairobi.
Cordiali saluti
G. M.”

A differenza di chi ha preferito “rimanere nell’ombra”, pur apprezzando il mio operato, questa Autorità, non ha temuto di partecipare ad un significativo meeting con me, nonostante sia accompagnato da scorte e guardie del corpo, e quindi ben noto a tutto il personale dell’hotel.

E dunque perché non proseguire nel mio progetto di risanamento a tutti i livelli di un popolo la cui povertà è arricchimento della ricchezza altrui?


Didascalia Foto:

1.2.3.4. Fotografia della discarica di Dandora

5. Padre Daniele Moschetti

6. Alex Zanotelli

7. Romano Prodi

8. Alfonso Pecoraro Scanio

Lasciate i vostri commenti

Invia un commento

0
I vostri commenti sono sottoposti al controllo dell'editoria.
  • Nessun commento