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I RAGAZZI DI CASAL DEL MARMO DOVE SI PENSA CHE LA VITA DEBBA CESSARE, FORSE E' POSSIBILE TROVARE UNA VITA NASCOSTA NELL'ANIMO DEI MENO FORTUNATI, QUELLI IN CUI NON E' STATA CONCESSA LA POSSIBILITA' DI ESPRIMERE QUANTO PURE SENTONO NEL CUORE IN CERCA DI AMORE.
Abbiamo visitato il Carcere minori a Casal del Marmo per capire se ancora esisteva il linguaggio carcerario e l'uso del tatuaggio, pensava mo di trovare una realtà da riformatorio; ma fortunatamente non è cosi.
L'idea di trovare "mini killer" e piccoli "Al Capone" era frutto della nostra disinformazione.
Casal del Marmo non é un redusorio punitivo, ma rieducativo.
E' immerso in una zona verde della città con all'interno viali alberati in cui è gradevole passeggiare. La sensazione è quella di vivere in campagna.
Accompagnate da una educatrice (figura importante per i ragazzi) abbiamo visitato le strutture utili per la rieducazione e l'insegnamento di attività artigianali e artistiche.
Rispetto al carcere minorile di 20 anni fa oggi i ragazzi possono scegliere di fare esperienze costruttive: sport, lavoro del cuoio, della ceramica, serigrafia, pelletteria, tessitura.
Possono fare teatro e scrivere sul loro giornalino, ma soprattutto imparare a comunicare in modo diverso rispetto alle loro abitudini.
I ragazzi vengono arrestati perché hanno commesso reati punibili dalla legge, ma ascoltandoli è facile capire che hanno alle spalle situazioni difficili, di abbandono, di violenza fisica e psicologica, di sfruttamento e soprattutto provengono da ambienti in cui regna la microcriminalità, in cui sono sfruttati per contrabbandare sigarette, rubare e prostituirsi.
Alcuni ragazzi da noi intervistati hanno alle spalle omicidi o tentaci omicidi, pertanto il compito degli educatori non e' certo dei più facili.
Il difficile è ricominciare da zero per "ristrutturare" la mente del ragazzo e ridargli la speranza che nulla é perso e che si puo ricominciare attraverso altri valori, lontani dalla violenza.
I ragazzi che discutevano insieme a noi erano cresciuti con la legge della strada.
La maggior parte provenivano da famiglie disgregate ed avevano subito ogni genere di privazioni, dall'affetto alla assistenza.
Solitamente nei loro ambienti le istituzioni sono assenti, lasciando il posto alla malavita organizzata che dà loro " lavoro" e la possibilità di avere sempre molto denaro, anche a rischio della galera.
Non è facile spiegare loro che si puo vivere anche senza la droga, quando questa è una realtà con cui convivono. Casal del Marmo è strutturato in modo da dare loro speranza per un futuro, ma l'handicap è dopo, quando escono.
Pur avendo recepito la possibilità' di vivere diversamente, si ritrovano nel solito ambiente, con la solita gente e con le istituzioni ancora assenti, che non offrono un reinserimento attraverso il lavoro.
Oggi il carcere ospita sessanta ragazzi, metà nomadi e metà italiani.
Nessuno di loro ha fatto più della quinta elementare.
Possono studiare se lo desiderano, sia all'interno che all'estemo della struttura, ma dalla nostra ricerca è emerso che raramente arrivano alla terza media. Alcuni ragazzi intervistati hanno confessato che vivere facendo un lavoro che rende mille euro al mese non è la loro aspirazione maggiore, preferiscono rubare per avere dieci volte di più
. Con questa politica spicciola è facile lasciare spazio alla malavita che si sostituisce all'ufficio di collocamento, alla scuola, alla famiglia e allo Stato ( che dovrebbe tutelarli e non li tutela).
E' sconvolgente pensare che non li spaventa l'idea di finire in carcere.
Abbiamo guardato i loro volti con attenzione. Alcuni avevano una faccia d'angelo, tenera, altri sicuramente indurita dalle esperienze della strada.
Con gli annl anche il detenuto del carcere minorile è cambiato, molto è dovuto alla presenza di ragazzi stranieri nordafricani e rom.
I nomadi è noto che non spacciano droga e non si prostituiscono, ma rubano negli appartamenti, borseggiano nelle strade o sugli autobus. Questi sono i reati per cui vengono arrestati.
La struttura di Casal del Marmo mette in crisi la cultura dei Rom proprio perché messa a contatto con altre culture.
Le ragazze Rom cominciano a "scoprire" il loro corpo anche attraverso le visite ginecologiche in quanto alcune sono sposate ed hanno figli.
Il carcere consente loro, se lo desiderano, di tenere i bambini all'interno della struttura. Scoprono l'acqua calda, la doccia, i termosifoni, il bidet (alcune lo usavano per defecare perché non ne conoscevano l'uso).
Scoprono anche la scuola, lo sport, il teatro, le gonne corte, il cinema e sopratutto il dialogo con ragazzi diversi da loro.
Non c'è alcuna forma di razzismo tra i ragazzi; sicuramente litigano ma non per differenza di razza. Le ragazze Rom sono divise tra cristiane e musulmane. Le prime sono specializzate in furti d'appartamento, le altre nel borseggio.
Vengono addestrate al crimine da piccole e sono costrette a sposarsi giovanissime dopo essere state vendute dai genitori al miglior offerente.
Da un racconto di un responsabile è emersa la storia di Gloria: una bella ragazza Rom che giovanissima si è ritrovata nel suo letto, una notte, un uomo molto più anziano di lei che l'aveva comprata per ottanta milioni. Unico commento della ragazza fu: "Che schifo!"

PRIMO GIORNO A CASAL DEL MARMO

L'inter che deve seguire un ragazzo appena entrato nel carcere minorile è passare all'ufficio matricola per le formalità, poi, all'educatore che lo seguirà in tutte le sue esigenze sia con la magistratura che con la famiglia, in seguito alla visita medica. Viene assegnato ad un reparto, e da quel momento le sue giornate sono regolate da orari che deve obbligatoriamente rispettare.La mattina sistema la cella, fa colazione e poi comincia a svolgere le attività scelte. Visitando la falegnameria abbiamo scoperto dei veri geni: creano modelli di aerei, barche, restaurano mobile. Farli lavorare è mettere in luce le loro capacità. Alcuni sono bravissimi, con una incredibile manualità. Bisogna dire che gli adetti alla falegnameria sono degli ottimi insegnati, capaci di capire le loro problematiche e stabile in buon rapporto amichevole. Abbiamo parlato con i ragazzi mentre lavoravano. Sono molto cordiali. Ci hanno raccontato le loro storie, le loro "brutte esperienze". Altrettanto abbiamo trovato nel laboratorio del cuoio e della ceramica. Qui realizzano borse, cinte, maschere, vasi per sè e per farne dono ai familiari. Molti di questi lavori artigianali meriterebbero la commercializzazione che a volte avviene, ma non per retribuire i ragazzi; con il ricavato vengono comprati i materiali da utilizzare per i lavori. Forse, il dar loro la possibilità di vendere ciò che creano potrebbe essere un incentivo per far capire quanto si può guadagnare da attività artigianali, ma sopratutto oneste. Difficile è insegnare ai ragazzi l'uso del computer, perchè purtroppo sanno a mala pena a leggere e a scrivere. I ragazzi risentono sicuramente dalla mancanza affettiva della famiglia. Possono vedere i genitori una volta a settimana più due giorni premio se hanno avuto una buona condotta. Non sono mai puniti in maniera severa, anche se commettono gravi irregolarità. Viene loro impedito di uscire dalla cella e di partecipare alle attività. Il minorile oggi è una realtà diversa dal riformatorio. I programmi interni sono finalizzati al recupero dei ragazzi. Una sola cosa è rimasta: il tatuaggio. Questo antichissimo sistema di "marchiare" la propria pelle in modo indelebile, ancora si tramanda. I ragazzi creano da aoli l'apparecchio per tatuarsi. Per imprimere il disegno bastano tre aghi, china e detersivo. E' un sistema pericoloso, con un canale di contagio in quanto non hanno la possibilità di sterilizzare gli aghi e il marchingegno. Se "pizzicati" vengono naturalmente puniti.

Oltre agli educatori, chi conosce bene i ragazzi sono gli agenti. Conoscono le loro abitudini e sanno been qual'è il linguaggio più sciolto per parlare a loro. Un tempo il linguaggio era criptico per nascondere messaggi precisi. Con gli anni alcune parole hanno assunto un significato diverso, mentre è ancora vivo il linguaggio dialettale. Un tempo, ad esempio, la "fibia" era una notizia da portare ad un altro detenuto senza che "le infami" guardie potessero capire; oggi invece è un avvertimento per le punizioni in arrivo ("Occhio, arriva la fibia!!").

La giornata dei ragazzi è scandita da orari. Se ciò continuasse anche fuori dal carcere, il recupero potrebbe essere completo o quasi. Purtroppo non è così!. Molti, una volta usciti, ricadono negli errori commessi e vengono nuovamente arrestati continuando in altre carceri un triste cammino.

Sabato 9 Agosto 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi

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