“CASO NARDUCCI – MOSTRO DI FIRENZE” : E IL PARADOSSO SUPERA I LIMITI DELLA TOLLERANZA, E SI TARSFORMA NELL’AUTOGOL CHE PRECEDE INEQUIVOCABILMENTE LA VITTORIA DELLA PUBBLICA ACCUSA….
QUESTI I PERSONAGGI…
POI IL COLPO DI SCENA: PRESUNTE VITTIME E PRESUNTO ASSASSINO VOGLIONO LA STESSA PRESUNTA VERITA’, QUELLA LORO, NON CERTO QUELLA DELLA GIUSTIZIA!
A CHI FA PAURA “L’INSUFFICIENZA DI PROVE”?....
Ma il Dottor Mignini è ormai fin troppo allenato, e Spezi stia pur tranquillo che potrà sfogare il proprio livore all’infinito, potrà profferire offese, volgarità, minacce, a lui tutto sarà consentito, in termini di libertà di stampa e di libertà di parola.
Il PM Mignini non querelerà l’eccellente imputato, anche se non è detto che non vi siano diverse Autorità Giudiziarie, che potrebbero agire nel caso se ne presentasse l’occasione.
Ma non sarà Mignini, perché questo Magistrato in nome della Giustizia non si lascerà sfuggire di mano, un personaggio tanto famoso da aver catturato perfino l’interesse del cinema hollywoodiano…sempre che Tom Cruise, non decida di prendere le distanze e rinviare a data da destinare il troppo pericoloso progetto di portare sul grande schermo il “Mostro di Firenze”…
Troppe grane per le logiche degli americani e soprattutto per chi potrebbe essere censurato dalla severa “setta” di Scientology, che considera il bell’attore una star di tutto rispetto.
Ma cerchiamo di capire quale era la materia del contendere in questa udienza a dir poco “sonora”, sull’onda delle percussioni tribali sostituite per l’occasione da pugni sui banchi di fronte alla Giudice Marina De Robertis, che esausta ha rinviato l’incontro sul ring al 17 novembre prossimo.
Perché mai gli animi si sono tanto scaldati?
Dobbiamo ricordare che quando il Pm aprì il fascicolo per l’omicidio di Francesco Narducci, in un primo momento contro ignoti, successivamente a carico di Mario Spezi più altri, si è trovato nella circostanza di essere in procinto della scadenza dei termini, che avrebbe portato ad una archiviazione d’ufficio, mentre ancora le prove necessarie per andare ad un dibattimento non erano all’epoca sufficienti.
E dunque, poiché il reato di omicidio non va mai in prescrizione, il Dottor Mignini valutò intelligentemente, di precedere la scadenza dei termini e di chiedere egli stesso l’archiviazione del procedimento, motivando la sua richiesta , appunto, per insufficienza di prove.
In tal modo seppure archiviato, quel fascicolo avrebbe potuto sempre essere riaperto, nel caso che si fossero aggiunti nuovi elementi tali da rendere le prove sufficienti e meritevoli di essere dibattute in un Processo.
Per gli indagati una soluzione del genere sarebbe come vivere col fiato sospeso, e magari svegliarsi una mattina e leggere sui quotidiani che “la Carlizzi si è presentata al Magistrato e ha prodotto quanto ha preferito in precedenza non produrre, al fine di non rischiare che il frutto delle proprie ricerche si perdesse tra la mole di materiale forzatamente “acquisito” in corso della perquisizione disposta dagli inquirenti di Firenze a carico del collega perugino e nei luoghi di sua pertinenza”.
E “la Carlizzi” ancora oggi si congratula con se stessa, per aver posto in salvo, materiale tanto importante che sarà meglio, a questo punto, produrre direttamente nel corso di un’udienza, quando i riflettori dei mass madia internazionali immortaleranno ciò che nessun potere occulto potrà più vanificare.
Se poi, le circostanze procedurali, esigessero che io produca anzitempo, al Pubblico Ministero quanto è al sicuro e in mio possesso, il Magistrato sa che io resto comunque a disposizione della Giustizia.
Inoltre alla luce di taluni comportamenti, penso che chi di dovere tema per la mia stessa incolumità, ed anche per quella del Dottor Giuttari, e dunque non possiamo escludere che sia disposto un altro incidente probatorio che mi consenta di assicurare alla Giustizia, quanto avrà valore di prova in un eventuale dibattimento, qualora per quel tempo io sia stata uccisa.
Se parlo apertamente è perché ormai salta agli occhi di tutti la pericolosità sociale di chi pensa di sfidare con provocazioni senza precedenti, lo Stato nei suoi rappresentanti, comportamento tipico di chi è consapevole di non aver più nulla da perdere, o di poter contare impunemente sull’antistato criminale, o del tutto inconsapevole è egli stesso vittima della propria follia.
In altri tempi, per soggetti di questo tipo sarebbe stata disposta una perizia psichiatrica, nell’interesse della persona stessa e di quanti da troppo tempo ormai subiscono pubbliche offese e finanche provocazioni per uno scontro fisico, (“Vieni fuori, che io sono capace anche a menare…”), al punto che nonostante fatti incresciosi e tutti documentati con relative registrazioni, si siano verificati in presenza di Autorità Amministrative e Politiche del territorio in cui avvenivano, gli stessi “addetti ai lavori” hanno ammesso di essere spaventati nonché meravigliati che episodi di inaudita gravità passassero per così dire “in sordina”.
Ora però, dall’udienza del 10 ottobre scorso, il problema è emerso in tutta la sua gravità, e personalmente sono certa che non potrà essere più ignorato, anche in considerazione dell’udienza preliminare fissata per il 12 dicembre davanti al GUP Dottor Micheli, il quale oltre che essere un uomo, non permetterebbe mai che offese a toghe e divise vengano profferite in un’Aula di Giustizia.
Senza nulla togliere, in questa mia considerazione alla Giudice Marina De Robertis che ha presieduto l’udienza del 10 ottobre, ma quando si leggerà sulla mia Trilogia, lo sbobinamento delle registrazioni di alcune conferenze, nel corso delle quali questa Giudice integerrima è stata definita nel peggiore modo che si possa offendere una donna, allora si comprenderà anche la prudenza che la stessa attua in situazioni esplosive come quella in cui è venuta a trovarsi.
C’è anche da considerare che la Giudice De Robertis viene da una cultura là dove non si è abituati a scontri violenti da parte di imputati che trovano il coraggio di offendere gli inquirenti in un’Aula di Giustizia, e quand’anche tali eventi si verificano, ancora oggi, l’amministrazione giudiziaria del sud-Italia, non esita ad espellere dall’aula chi si rende responsabile di taluni comportamenti.
A volte anche a Firenze si è ricorsi a certi provvedimenti.
Anzi ricordo che ero io stessa nell’Aula dove si celebrava il processo a carico del compagni di merenda, quando Vanni iniziò a profferire offese di ogni genere contro il PM Dottor Canessa, e questi, ad un certo punto, non potendone più, chiese al Presidente l’allontanamento del “Torsolo” di San Casciano Val di Pesa, e il Giudice non esitò un istante, tanta era la vergogna di un simile comportamento.
Certe volte sembra di ricordare i tempi delle Brigate Rosse, quando dalle gabbie, i brigatisti lanciavano i loro anatemi, o anche i tempi dei maxi-processi di Mafia, allorchè Totò Riiina sbatteva in faccia ai Giudici il proprio potere per nulla scalfito dalla detenzione.
Lui comunque anche da dietro le sbarre, rimaneva il vertice della organizzazione criminale e riusciva a tenere il controllo di tutto e tutti grazie ai difetti dell’amministrazione penitenziaria del tutto inadeguata per la sofisticazione del crimine stesso.
Nel caso di Perugia, la situazione è a mio avviso più allarmante, e forse richiede davvero che si verifichi in ambiente sanitario se taluni comportamenti siano la conseguenza di pregressi stati patologici o di dipendenza , o vadano classificati nell’ambito delle reiterazione tipica della delinquenza abituale.
In ambedue i casi, dovrà essere valutato il grado di pericolosità sociale per i provvedimenti utili alla salvaguardia della incolumità di tutti.
L’udienza del 10 ottobre ha comunque messo in evidenza molti altri aspetti che meritano un approfondimento anche da un punto di vista giornalistico.
Soffermiamoci dunque sull’opposizione che la famiglia di Narducci ha presentato contro la richiesta di archiviazione del fascicolo a carico di Mario Spezi più altri, indagati quali presunti autori dell’omicidio di Francesco Narducci.
La famiglia del medico, chiede che si giunga ad una verità sostanziale, ma non “qualunque essa sia” come hanno scritto alcuni giornali, la famiglia non chiede in tale opposizione che la Giustizia faccia il proprio corso serenamente, bensì dice che poiché l’unica verità è quella che il Narducci morì per disgrazia o per suicidio, pretende che a mettere una firma preventiva su tale loro convinzione sia addirittura la Pubblica Accusa che, in definitiva dovrebbe modificare la motivazione della richiesta di archiviazione.
Vale a dire, in parole semplici, che l’insufficienza di prove dovrebbe trasformasi in una totale insussistenza dei fatti contestati.
E il fine è chiaro, nel senso che una motivazione del genere annullerebbe qualunque collegamento tra la morte del medico perugino e i duplici delitti di Firenze.
Mi chiedo: “Se io fossi il genitore di un figlio sulla cui morte fin dal primo momento sono stati avanzati sospetti pesanti come macigni, il fatto stesso che da parte degli inquirenti si sia giunti alla richiesta di archiviazione per insufficienza di prove, a carico però di persone ben note, e già imputate per reati connessi nel processo che dovrà chiarire proprio tutto ciò che si svolse intorno alla morte del gastroenterologo, io genitore semmai collaborerei con la Giustizia, e forse ciò che al momento è stato ritenuto insufficiente, potrebbe fortificarsi.
Insomma, se un Magistrato sospetta che “Tizio e Caio” abbiano ammazzato mio figlio, io mi metto dalla parte del Magistrato, e semmai faccio di tutto per aiutarlo a recuperare quanto basterà a giustificare un dibattimento.
E se poi, in sede processuale, dovesse emergere che mio figlio fu ucciso perché in qualche modo collegato con quanto è attribuito al cosiddetto “Mostro di Firenze”, è pur vero che io sono e resterò sempre davanti alla Giustizia e alla opinione pubblica il genitore di una vittima e in quanto tale non colpevole, e non punibile.
E siamo certi che la tra i familiari di Narducci non vi sia qualcuno che magari si frequentava e conosceva qualche familiare degli indagati come presunti autori dell’uccisione del “dottore che veniva da fuori”, come lo indicava Giancarlo Lotti?
Possiamo davvero escludere che due mamme, non si siano mai incontrate, magari lungo lo stesso percorso , ai tempi in cui assolvevano a determinate mansioni?
Il destino a volte è crudele, e seppure può apparire fantasiosa l’ipotesi che la madre del presunto assassino sia stata amica della madre della presunta vittima, tuttavia resta pur sempre un’ipotesi da non scartare.
E di qui, sarebbe verosimile affermare che anche i due rispettivi figli si conoscessero e si frequentassero.
E allora, l’opposizione della famiglia Narducci, è forse strumentale ad evitare che ciò che oggi è insufficiente diventi invece, da un momento all’atro più che sufficiente per chiedere il rinvio a giudizio per “Tizio e Caio”?
Oppure dobbiamo sospettare che anche nell’eventualità che “Tizio e Caio”vadano alla sbarra per l’omicidio Narducci, già si conosca la sentenza, magari anticipata da qualche “veggente” cui sembra che i familiari stessi della vittima si rivolsero quando scomparve quell’8 ottore del 1985?
A mio parere, sempre pronta a riconoscere di aver sbagliato, l’iniziativa processuale della famiglia Narducci, potrebbe aver indotto nella Magistratura dubbi ancor più gravi, nel momento stesso che la loro opposizione alla richiesta di archiviazione, paradossalmente difende chi è sospettato di aver ucciso il loro figlio, oltre che lasciare la sgradevole sensazione di avere qualche interesse personale, atteso che, seppure in questo procedimento la famiglia Narducci è parte offesa, nel procedimento principale sono invece imputati per reati associativi e molto gravi.
Almeno, vista dall’esterno, questa mossa dei Narducci, innesca più dubbi di quanti non ve ne siano sulla morte del gastroenterologo, e davvero potrebbe rivelarsi un boomerang….
Analizziamo ora la posizione assunta dagli indagati, nemmeno loro soddisfatti che l’archiviazione del procedimento relativo ai reati loro ascritti, sia stata motivata dalla “insufficienza di prove”.
Anche loro sanno bene che da quando i rapporti tra la Procura di Firenze e quella di Perugia si sono rotti, qualcuno ha provveduto a mettere al sicuro ulteriori prove a loro carico, senza più depositarle agli atti del Pubblico Ministero, riservandosi di produrle in tempi più sereni.
Dunque, perché invece di accendere una candela alla Madonna di Fatima, si pretende che venga modificata la motivazione della richiesta di archiviazione?
E’ la solita strategia cui si ricorre per convincere Magistrati e Giudici che non si ha nulla di che temere?
Oppure, anche in questo caso, si “sfida” la Giustizia, pretendendo un dibattimento di cui già si conosce l’esito più che favorevole, grazie alla “soffiata” della “Sibilla Cumana”?
E perché allora ci si arrabbia tanto, al punto da far crescere il cumulo dei reati ascritti di cui già si è chiamati a rispondere?
Se io mi sentissi davvero perseguitata ingiustamente, in ordine a una richiesta di archiviazione, che al di là della motivazione, va a mio favore, alleggerendomi il peso dei carichi pendenti, semmai mi opporrei alla opposizione della famiglia Narducci, non certo alla fortuna di un procedimento a mio carico di cui il mio “persecutore” ha chiesto l’archiviazione.
Non vi pare?
E allora, anche immedesimandosi negli indagati per l’omicidio Narducci, la strategia processuale scelta, non fa altro che indurre nuovi ed inediti sospetti, come se gli interessi dei presunti colpevoli e gli interessi delle presunte parti offese, andassero a braccetto in un’unica misteriosa direzione.
La prudenza, oltre che il decoro, consiglierebbero almeno all’apparenza di assumere posizioni opposte, se solo ci si rendesse conto che in questa intricata e maleodorante storia, almeno le stelle stanno a guardare….ma non solo le stelle, credetemi…..
Domenica 12 Ottobre 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi
E IL MOSTRO DI FIRENZE……INGANNA ANCHE GOOGLE !
La mossa dell’ultim’ora, seppure apparentemente “ridicola”, assume invece i contorni di una inquietudine per cui sarebbe opportuno che la Magistratura competente indagasse sull’origine dell’episodio che qui denunciamo.
Provate ad andare oggi sulle News di Google e digitate le parole : Mostro di Firenze. Constaterete subito i'articolo il cui titolo è: "Mostro di Firenze: Vanni condannato in Cassazione".
L’articolo è del “Quotidiano Nazionale” datato 25 settembre 2008.
La notizia sembra fresca e interessante, se non altro per il fatto che è noto a tutti che Vanni e i Compagni di Merenda furono già condannati in via definitiva molti anni or sono.
Dunque cliccate sul titolo e vi comparirà l’articolo riportato integralmente e pubblicato da “Quotidiano.net”, del Gruppo (La Nazione, Il resto del Carlino, Il Giorno), ma scoprirete sulla sinistra della pagina che la data reale di pubblicazione della notizia risale al 26 Settembre del 2000!
A questo punto scatta la nostra indagine, e ci avvaliamo di strumenti che fanno parte del segreto professionale. E cosa scopriamo? Sembrerebbe che “una manina”, magari con un guanto da chirurgo N.7, ha osato ripescare l’articolo dall’archivio, cambiargli la data, e immetterlo nel sistema del motore di ricerca, come se la notizia fosse attuale.
Resta da capire il movente di una mossa così azzardata di sofisticata pirateria informatica. Per noi che seguiamo ormai da tempo “il passo del Mostro”, la spiegazione è a dir poco elementare. Infatti, il “Super-Uomo” , temendo di scivolare definitivamente sul depistaggio architettato ad hoc, onde sviare le indagini su se stesso, prova a riesumare un’altra pista conclusasi con la condanna del suo compagno di bisbocciate ai tempi della goliardia, al fine di distrarre e confondere la pubblica opinione dall’attenzione che ormai converge senza scampo su di lui, grazie anche…all’America!
Naturalmente nessun accenno nell’articolo, a Perugia e a Francesco Narducci, e tanto meno ne parla Giuttari, che all’epoca ancora nulla si sapeva del terremoto giudiziario umbro in procinto di sollevare sulla verità del Mostro, il sigillo del “Segreto di Stato”.
Ma non basta. La mossa del “pirata” è anche un chiaro messaggio a Vanni…. Nella denegata ipotesi, che il “Torsolo” di San Casciano Val di Pesa, sia chiamato a riesumare i ricordi di gioventù, quando l’amico lo portava sulla macchina col tettuccio aperto e lui inneggiava al Duce, sventolando la bandiera e insieme al Farmacista si ispiravano alle zingarate del film “Amici Miei”…
E dove sono le prove di queste “zingarate”? Parola di Mario Spezi , basta leggere l’intervista rilasciata a Panorama il 2 Dicembre del 2004!
Buon lavoro agli Agenti della Polizia Postale …
La Redazione
“CASO NARDUCCI – MOSTRO DI FIRENZE”: E’ IL CASO DI DIRE: “POVERO TOM CRUISE!”…… SE SOLO AVESSE LETTO LE 28 PAGINE DELL’AVVISO DI FISSAZIONE DELL’UDIENZA PRELIMINARE CON RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO, PREVISTA PER IL PROSSIMO 12 DICEMBRE 2008 A PERUGIA…….C’E’ DA PENSARE CHE FORSE NON AVREBBE ACQUISTATO I DIRITTI D’AUTORE DEL LIBRO SCRITTO A QUATTRO MANI DA DOUGLAS PRESTON E MARIO SPEZI, PER PORTARE IL “LORO” MOSTRO SUL GRANDE SCHERMO HOLLYWOODIANO…….
MA SCOPRIAMO LE CARTE…… SPERANDO CHE IL “CORAGGIOSO” TOM, E L’EVENTUALE CASA DI PRODUZIONE DI UN ASSAI IMPROBABILE FILM, RIFLETTANO RESPONSABILMENTE ALLA LUCE DEI GRAVI FATTI GIUDIZIARI CHE INCOMBONO SU CIO’ CHE DOVREBBE COSTITUIRE IL SOGGETTO DEL “KOLOSSAL AMERICANO” …..
{
“Caspita!” ho esclamato, “Mignini è andato avanti per la sua strada, non si è fatto intimidire… accidenti, solo a guardare i nomi degli imputati fa venire i brividi, per non parlare dei loro Avvocati, altro che “Principi del Foro”…. Sarà il processo del secolo… “
L’atto correttamente mi è stato notificato in quanto in questo procedimento io compaio tra le “Parti Offese”.
Si tratta dell’AVVISO DI FISSAZIONE DELL’UDIENZA PRELIMINARE (Art. 419 co.1 c.p.p. Il procedimento presso il Tribunale di Perugia porta i seguenti Numeri di riferimento : 4057/05 R.G. GIP e 2782/05 R.G. N.R.
GIP 4057/05 MP
E’ la richiesta di Rinvio a Giudizio avanzata dal PM dottor Mignini e per la quale il GIP , dottor Paolo Micheli ha appunto fissato l’Udienza Preliminare per il 12 Dicembre 2008 ore 10.00 presso il Tribunale di Perugia Sezione Penale, via XIV Settembre (Palazzo ex Enel) Aula udienza G.I.P. (Piano 2°).
Gli Imputati sono ben 22, tutti nomi illustri, d’origine o diventati tali grazie al “Mostro di Firenze”. I loro Difensori sono 32.
Le Parti Offese sono 35, compresa la sottoscritta, nonché il Ministero di Grazia e Giustizia, il Ministero dell’Interno e l’ex Capo del Gides.
I reati contestati agli imputati, sembrano sintetizzare l’intero Codice Penale, e sono tutti di inaudita gravità, specie per le caratteristiche associative, per le quali risulta ben delineato il profilo di una organizzazione composta da persone potenti, nomi già noti nella Massoneria deviata, nel giornalismo della carta stampata e della televisione dedito a depistare le indagini, nonché ad ingannare la pubblica opinione mediante lo strumento mediatico.
La calunnia aggravata per chi, non ancora sazio dei tanti procedimenti in corso, né di un mese circa di galera, ha coinvolto perfino gli Stati Uniti, pur di addebitare il titolo di “Mostro” ad un soggetto appartenente al cosiddetto “clan dei Sardi”, e ridare vita, senza riuscirvi, a quella che fu seguita per anni ed anni dagli inquirenti fiorentini e che prese il nome di “pista sarda”, per poi essere definitivamente archiviata e sollevata da qualunque implicazione con i delitti delle coppiette.
Purtroppo, la storia del “Mostro di Firenze” ha affascinato anche chi d’oltreoceano si è lasciato ingannare, grazie alla diffusione di notizie false, o falsamente interpretate da parte di una certa stampa, sposando in tal modo una tesi non solo, come già detto, vagliata in ogni minimo particolare e archiviata dalla stessa Magistratura, ma riesumata di recente, dall’abile mano di uno scrittore giallista, forse al solo scopo di sviare le indagini su se stesso, e i cui risultati hanno indotto il PM ad articolare una richiesta di rinvio a giudizio, per una serie corposa e pesante di reati commessi in concorso con altri.
In Italia si sa, vige comunque la presunzione d’innocenza, e pertanto fare riferimento al voluminoso plico di richiesta di rinvio a giudizio per i 22 indagati, non significa certo che costoro, in sede processuale, non conquistino una sentenza assolutoria, tuttavia, in un simile contesto sarebbe prudente astenersi da iniziative quale quella di Tom Cruise, che rischiano di essere bloccate.
Qualcuno spera che il GIP rigetti le richieste di rinvio a giudizio avanzate dal Pubblico Ministero.
Ed è legittimo che la speranza sia l’ultima a morire, anche perché non possiamo dare per scontato nulla. Ci sia tuttavia consentito di riflettere almeno sui semplici criteri di opportunità che ogni Giudice applica, sia sulla base della complessità delle indagini svolte, sia sui numerosissimi riscontri, non solo testimoniali , ma pensate che il PM tra le fonti di prova cita e produce centinaia di intercettazioni telefoniche, intercettazioni ambientali, pedinamenti, posta elettronica e quanto basterebbe solo ascoltare e leggere per fornire un quadro chiaro e tale da dover essere necessariamente dibattuto in un Aula di Tribunale.
Vanno considerati inoltre i costi rilevanti di questa indagine, come peraltro il fatto non trascurabile che tra le parti offese vi siano il Ministero di Grazia e Giustizia e il Ministero dell’Interno.
Si è poi celebrato un lungo incidente probatorio, durato molte settimane, ci sono stati degli arresti, sono stati nominati periti di chiara fama che hanno avallato le ipotesi accusatorie formulate dal PM, insomma, il buon senso, solo sulla base di queste poche considerazioni, indurrebbe a dare per scontato che il GIP accolga la domanda di rinvio a giudizio per gli imputati come richiesto dalla Pubblica Accusa.
Ora, tornando al celebre Tom Cruise, nonostante la storia del “Mostro di Firenze” possa destare anche dopo quarant’anni molto fascino, e si presti bene al grande schermo hollwdyano, apparirebbe azzardato per chi si prepara ad investire miliardi, non informarsi nel merito dell’inchiesta in corso, anche al fine di non rischiare da parte di qualche Autorità ostacoli tali da bloccare la stessa uscita del film.
Siamo ben consapevoli che in America nessuno è soggetto alle Leggi vigenti in Italia, ma è pur vero che se il film deve essere girato sui luoghi che furono scenario dei duplici delitti, su quei luoghi, è lo Stato Italiano che deciderà cosa consentire e cosa non consentire, oltre alle famiglie delle vittime, e ad una più che scontata reazione popolare che nel momento più delicato dell’inchiesta cercherà di ostacolare questo film.
Viene spontanea la domanda: “Perché solo questo film, e non un altro film che pure uscirà in Italia e il cui soggetto sarà tratto dal libro-inchiesta scritto dall’ex Capo del Gides, dottor Michele Giuttari? E perché non bloccare la pubblicazione della Trilogia a cura di Gabriella Carlizzi, di imminente uscita col titolo “Il Mostro “A” Firenze”? “
La risposta è semplice.
Rendere pubblica una ricerca o investigazione giudiziaria, peraltro approdata a riscontri da parte dei competenti organi della Magistratura, è un diritto che fa espresso riferimento alla libertà di stampa, nel rispetto, s’intende, delle normative che regolano attraverso il Garante, che quanto si narra o si rappresenta sul piccolo e grande schermo, non sia lesivo o depistante e pertanto strumentale, in danno di inchieste giudiziarie in corso.
Ciò non significa che è proibito dissentire dalle ipotesi di reato formulate da una Pubblica Accusa, ma diverso è se il dissenso proviene da una figura professionale, o da chi comunque non è parte in causa, o al contrario si coinvolgono nomi come Tom Cruise e Stati come l’America, per portare sul grande schermo la tesi di un imputato al quale si contesta di aver accusato, sapendolo innocente, di essere il vero “Mostro di Firenze”, proprio il protagonista dell’eventuale film, l’appartenente al “clan dei Sardi”, che nell’atto di richiesta di rinvio a giudizio sopra citato, finalmente spicca con nome e cognome tra le parti offese.
Ed in tale contesto, anche nel caso in cui gli sceneggiatori del soggetto abbiano cura di ombreggiare l’identità del “Mostro” considerato tale nella realtà nel libro di cui sembra che Tom Cruise abbia acquistato i diritti d’Autore, l’intera tesi sostenuta in questo libro, riconduce immancabilmente ad una sola persona, che attualmente è ritenuto in sede giudiziaria calunniato e parte offesa .
La calunnia è reato permanente, e seppure in un film, si leggerà nei titoli di coda “Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale”, la circostanza stessa che la figura del “Mostro” possa essere riconducibile ad un determinato individuo, la frase di rito non tutela più nessuno, né registi, né produttori, o altri responsabili.
Per questo motivo, quando il set approderà sulle dolci colline di sangue, è presumibile che le competenti Autorità italiane, non diano i necessari permessi per le riprese, conoscendone l’utilizzo che ne verrebbe fatto sia pure in territorio straniero.
Non sarà certo l’Italia, e tanto meno la Regione Toscana o quella Umbra, a rendersi corresponsabile di una rappresentazione il cui soggetto e ritenuto un depistaggio.
E come ripeto, le famiglie delle vittime che da quarant’anni attendono una verità sostanziale ed una giustizia vera, presenteranno le loro istanze affinchè nulla ostacoli o confonda il corso naturale dell’inchiesta, e c’è da giurare che questa volta gli Italiani scenderanno in piazza, visto quello che in termini di tasse continua a costarci il mantenimento del “Mostro di Firenze”.
Qualora Tom Cruis o un suo Avvocato di fiducia , e di certo a lui come maggiore esponente di Scientology non manca di scegliere il migliore, ritenesse opportuno in via riservata prendere visone di atti giudiziari che potrebbero inficiare il progetto del film, può prendere contatto con me, ed io lo documenterò volentieri su tutto ciò che potrà meglio illustrargli lo stato reale della situazione giudiziaria riconducibile agli autori e al contenuto del libro di cui egli stesso pare abbia acquistato i diritti.
E speriamo, per il bellissimo Tom Cruise, che nell’acquistare i diritti non abbia acquistato inconsapevolmente anche qualche ipotetica grana giudiziaria, magari mentre sulle sue spalle il “Mostro di Firenze” diventa la Star del momento…...
Domenica 28 Settembre 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi
“…TU VUO’ FA L’AMERICANO! MMERICANO! MMERICANO SIENTE A ME, CHI T’HO FA FA?... “ IL MOSTRO DOPO BEN QUARANT’ANNI FIORENTINI, SI E’ “VENDUTO” AD HOLLYWOOD…
DOVE AL GRANDE SCHERMO NON INTERESSA ALTRO CHE ANDARE DIETRO AL MERCATO… ED E’ LI’ CHE L’HORROR TIRA…
ALLA FACCIA DELLE VITTIME DELL’ORRORE DI UNA STORIA VERA, PROFANATA DA VERGOGNOSE E STRUMENTALI MENZOGNE OSPITATE DAI MASS-MEDIA DELLA CARTA STAMPATA, NONCHE’ DEL PICCOLO E GRANDE SCHERMO…..
ANCHE HOLLYWOOD SCENDERA’ COSI’ IN BASSO…?
A QUANTO SE NE SA, PARE CHE NEL PROSSIMO AUTUNNO I “CONSULENTI” DEL FILM SUL MOSTRO DI FIRENZE APPRODATO AD HOLLYWOOD, INIZIERANNO A SCRIVERE LA SCENEGGIATURA E PERTANTO IL CAPOLAVORO POTREBBE SCONVOLGERE L’AMERICA VERSO LA PRIMAVERA DEL 2009….
POTREBBE, MA NON E’ DETTO…. INFATTI A BREVE SARA’ DISTRIBUITA IN TUTTO IL MONDO E TRADOTTA IN SEI LINGUE, NONCHE’ ADOTTATA COME LIBRO DI TESTO LA TANTO ATTESA TRILOGIA GIA’ DA TEMPO ANNUNCIATA DA GABRIELLA CARLIZZI, LA QUALE DICE: “ DUBITO CHE UN PRODUTTORE COME JINKS COHEN, MA CHIUNQUE ALTRO, DOPO AVER LETTO LE MIE TREMILA PAGINE DI VERITA’ OGGETTIVE SUL MOSTRO, INVESTA ANCHE UN SOLO DOLLARO, PER UN FILM CHE APPARIREBBE DEPISTANTE DI UNA INCHIESTA IN CORSO CON IL RISCHIO DI ESSERE SEQUESTRATO O DI INCORRERE IN SERI GUAI GIUDIZIARI…”
INTANTO, MENTRE IN ITALIA SEMBRA ESSERE SCESO IL SILENZIO SU QUESTAVICENDA, SI APRONO NUOVI FILONI SEMPRE PIU’ INQUIETANTI, MENTRE PERSISTONO LE LITI GIUDIZIARIE TRA INQUIRENTI FIORENTINI E IL PM DI PERUGIA, GIULIANO MIGNINI, FINITO ALLA SBARRA IN CONCORSO COL SUPERPOLIZIOTTO-SCRITTORE MICHELE GIUTTARI…..
Gabriella Pasquali Carlizzi
I due terroristi, Mario Galesi e Desdemona Lioce, preparavano un attentato. Lei è stata catturata
Arezzo, sparatoria sul treno muoiono agente e brigatista
CASTIGLION FIORENTINO - E' domenica mattina, presto, quando l'incubo delle Br ricompare sparando su un treno semivuoto. In carrozza, sul lento "diretto" che fa tappa in piccole stazioni tra Roma e Firenze, Mario Galesi, 37 anni, e Nadia Desdemona Lioce, 43, ricercati per l'omicidio D'Antona, viaggiano sotto falso nome. Incappano nel controllo di tre agenti della Polfer. Tirano fuori la rivoltella e sparano. I poliziotti rispondono al fuoco. Sette-otto colpi in tutto. Emanuele Petri, 48 anni, sovrintendente della Polfer, cade ammazzato da un proiettile calibro 765 esploso a bruciapelo alla gola. Galesi è ferito a morte e spirerà in serata. Ferito un altro agente, mentre il terzo poliziotto riesce a disarmare e catturare la Lioce.
Castiglion Fiorentino, il paesino a 15 chilometri da Arezzo dove il treno finisce di correre, è in questo modo tappa di violenza brigatista ma anche di speranza secondo il ministro degli interni Beppe Pisanu: "Non brancoliamo più nel buio" dice. "Si sta avvicinando il momento di rendere giustizia al professor Biagi e al professor D'Antona".
Sono le 8.30 della mattina quando sull'interregionale 2304 Roma-Firenze, che a quel punto si trova tra le stazioni di Cortona-Camucia e Castiglion Fiorentino, si scatena la sparatoria. Ma la storia comincia più di due ore prima, alla stazione Roma Tiburtina, dove Desdemona Lioce e Mario Galesi obliterano due biglietti per Arezzo e salgono sul diretto per Firenze in partenza alle 6.19.
Lei ha pantaloni neri, maglia color pesca sopra una camicia grigia, capelli rossi, è ingrassata rispetto all'ultima volta che l'ha fermata la Digos. Lui è piccolo e stempiato, vestito in modo anonimo, ha un telefonino cellulare. Porta con sé un borsone. Dentro ci sono documenti e ritagli di pubblicazioni, due agende elettroniche, un floppy disk e soprattutto la telecamera palmare che rende legittimo un sospetto: i due sono diretti a filmare le abitudini domenicali di un "obiettivo".
Alle 8.24 il treno fa sosta alla stazione di Terontola, crocevia per l'Umbria. A bordo salgono tre uomini della polizia ferroviaria per controlli di routine. Li guida un poliziotto esperto, il maresciallo Emanuele Petri, 48 anni, che abita a Tuoro sul Trasimeno con moglie e figlio. Questa domenica Emanuele sarebbe potuto rimanere a dormire, ma all'ultimo momento ha cambiato turno per essere libero martedì di accompagnare un collega in carrozzella ad una visita medica. Con Petri ci sono il sovrintendente Bruno Fortunato, 45 anni di Terontola, padre di due figli, e l'agente Giovanni di Franzo, 36 anni. I poliziotti entrano nella carrozza quattro, a scompartimenti aperti, divisa solo a metà dalla vetrata che separa fumatori da non fumatori. In tutto l'open space ci sono due coppie e una viaggiatrice solitaria.
Petri si avvicina ai due terroristi e chiede i documenti, mentre più indietro Fortunato vigila e Di Franzo sta alla radio ricetrasmittente. I brigatisti si alzano e consegnano le carte d'identità al sovrintendente di polizia. Sono false, ma ben fatte su carte rubate e quando l'agente Di Franzo contatta la sala operativa della polizia ferroviaria di Firenze, la risposta è che i due nomi sono puliti. Ma Galesi teme di essere scoperto, tira fuori la pistola e la punta al collo del sovrintendente Petri.
E' calmo: "State buoni, dateci le armi e tutto si risolve". La trattativa fatta di invocazioni va avanti per secondi interminabili. L'agente Fortunato butta la pistola, ma quando la Lioce va a raccogliere l'arma si rompe quel fragile equilibrio poggiato su nervi tesi. Fortunato e la Lioce entrano in contatto e Galesi fredda Petri sparandogli al collo. Ancora colpi. Due proiettili raggiungono ad un polmone e al fegato Fortunato. Di Franzo getta la radio trasmittente, che è ancora in contatto con Firenze, e risponde al fuoco ferendo Galesi che cade a terra, colpito da due proiettili al ventre. Poi il poliziotto si getta sulla Lioce, armata della pistola strappata a Fortunato. La disarma. La immobilizza.
Il maresciallo Petri è morto a terra accanto al terrorista Galesi, il maresciallo Fortunato brancola ferito e l'agente Di Franzo ha gli occhi impauriti quando un uomo, un vigile urbano di Perugia libero dal servizio che viaggia nello scompartimento, gli offre aiuto. Telefonano alle rispettive centrali. E in quel momento il treno si ferma alla stazione di Castiglion Fiorentino. L'agente Fortunato trascina fuori un'impassibile Lioce, come indifferente, la ammanetta al palo che sorregge i cartelli dei binari due e tre. La quinta persona che era nella carrozza è sparita. L'hanno vista filare via dal treno scendendo dalla parte del binario invece che sul marciapiede.
E' un complice dei terroristi? Il sospetto svanisce, il tempo di rintracciare quel passeggero, una donna fuggita dal terrore del vagone quattro. In serata l'ultima notizia: un lungo intervento chirurgico non è servito, il brigatista Galesi è morto all'ospedale di Arezzo.
(3 marzo 2003)