L’INQUIETANTE DISCORDANZA SUI BOSSOLI REPERTATI SUI LUOGHI DEI DUPLICI DELITTI….
UNA VIA CHE PUO’ PORTARCI DRITTI DRITTI A GUARDARE IN FACCIA IL GIUSTIZIERE DELL’AMORE ALTRUI…
Tanto è vero che si è pensato che il Mostro dopo aver ucciso, portasse via con se una parte di bossoli, forse per inviarli insieme ai suoi numerosi messaggi, che recapitava sia agli inquirenti, sia facendoli ritrovare unitamente ai guanti, o anche nell’orto stesso di Pacciani.
Vediamo quanto risulta ufficialmente in atti.
Delitto: 14 Settembre 1974
Colpi sparati: NOVE
Bossoli ritrovati: CINQUE
Delitto: 6 Giugno 1981
Colpi sparati: OTTO
Bossoli ritrovati: CINQUE
Delitto: 22 Ottobre 1981
Colpi sparati: SETTE
Bossoli ritrovati: SETTE
Delitto: 19 Giugno 1982
Colpi sparati: SEI
Bossoli ritrovati: NOVE
Delitto: Settembre 1983
Colpi sparati: SETTE
Bossoli ritrovati: QUATTRO
Delitto: Luglio 1984
Colpi sparati: SEI
Bossoli ritrovati: CINQUE
Delitto: Settembre 1985
Colpi sparati: SETTE
Bossoli ritrovati: NOVE
DAL LIBRO EDITO DA SONZOGNO, NEL 1983, INTITOLATO: “IL MOSTRO DI FIRENZE” E IL CUI AUTORE E’ MARIO SPEZI, RIPORTIAMO FEDELMENTE:
CAPITOLO 1 – BORGO SAN LORENZO – SABATO 14 SETTEMBRE 1974 –
ALLE PAGINE 12 E 13 SI LEGGE:
…..”NEANCHE MEZZ’ORA DOPO, ARRIVANO DA FIRENZE IL SOSTITUTO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA ANTONIO LA CAVA CON IL CAPITANO DEI CARABINIERI OLINTO DELL’AMICO E POI I GIORNALISTI E I FOTOGRAFI…..”
“L’INDAGINE SI PRESENTA MOLTO DIFFICILE. SUL LUOGO DEL DELITTO, IN MEZZO ALLA TERRA BAGNATA E A LUNGO CALPESTATA DAI CURIOSI PRIMA DELL’ARRIVO DEGLI INQUIRENTI DA FIRENZE, SI RACCOLGONO POCHI OGGETTI, NESSUN INDIZIO. CI SONO UNDICI BOSSOLI PIUTTOSTO VECCHI DI MARCA WINCHESTER PER UNA PISTOLA CALIBRO 22. C’E’ UN BOTTONE RIVESTITO DI CUOIO DEL TIPO CHE SI APPLICA ALLE GIACCHE SPORTIVE CHE PORTANO I CACCIATORI. NIENTE ALTRO……”
CAPITOLO 2 – SCANDICCI – SABATO 6 GIUGNO 1981 –
ALLE PAGINE 27 E 28 SI LEGGE:
“….ATTORNO ALL’AUTO DI GIANNI IL COMMISSARIO DELLA SQUADRA MOBILE SANDRO FEDERICO, IL COLONNELLO DELL’AMICO, IL GIOVANE SOSTITUTO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA ADOLFO IZZO SI INTERROGANO E CHIEDONO RISPOSTE AI MUTI ELEMENTI DELLA SCENA DEL DELITTO.
SUL TERRENO LA “SCIENTIFICA” TROVA UNDICI BOSSOLI, LO STESSO NUMERO RACCOLTO SUL CAMPO DI SAGGINALE. ANCHE QUESTI SONO DI UNA RIVOLTELLA CALIBRO 22….”
“…..A PARTE GLI UNDICI BOSSOLI DI PISTOLA CALIBRO 22, LA PIU’ COMUNE, L’ASSASSINO NON HA LASCIATO ALCUN INDIZIO….”
CAPITOLO 4 – CALENZANO – GIOVEDI’ 22 OTTOBRE 1981 –
A PAGINA 60 SI LEGGE:
“…IL CAPO DELLA “SCIENTIFICA” CASTIGLIONE RACCOGLIE SUL TERRENO NOVE BOSSOLI WINCHESTER. ALTRI DUE SONO SUL PAVIMENTO DELL’AUTO . SUI FONDELLI I DUE SEGNI A MEZZALUNA, QUASI DUE UNGHIATE CHE SONO ANCHE SUGLI ALTRI 22 BOSSOLI RACCOLTI A BORGO SAN LORENZO E A SCANDICCI. L’ASSASSINO E’ SEMPRE LUI, IL MOSTRO.”
CAPITOLO 7 – BACCAIANO – SABATO 19 GIUGNO 1982 –
A PAGINA 108 SI LEGGE:
“PER GLI INVESTIGATORI E GLI INQUIRENTI NON POSSONO ESISTERE DUBBI CHE L’ASSASSINO E’ SEMPRE LO STESSO, IL MOSTRO. I BOSSOLI DELLA CALIBRO 22 LASCIATI SUL TERRENO SONO LA FIRMA SUL TERZO DUPLICE OMICIDIO CHE HA COMMESSO IN UN ANNO. CON QUELLO DI BORGO SAN LORENZO, LE VITTIME SONO ORMAI OTTO ….”
LEGGENDO LA NAZIONE DEL 21 GIUGNO 1982, E’ SEMPRE MARIO SPEZI CHE SCRIVE E FIRMA:
“…MANCA LA PERIZIA BALISTICA SUGLI UNDICI PROIETTILI
ESPLOSI SABATO NOTTE…MA ANCHE QUESTO NECESSARIO ESAME SEMBRA SOLO UNA FORMALITA’.”
Ora, evitando inutili approfondimenti o interpretazioni, è evidente che l’autore di queste dichiarazioni, chiama in causa magistrati, investigatori, la “scientifica”, i quali oltre che essere presenti avrebbero materialmente svolto le operazioni di raccolta e custodia dei reperti, ben numerati, davanti ad un testimone oculare che fu il primo a scrivere un libro d’inchiesta, quando ancora il Mostro uccideva.
Va anche detto che in questo libro vi sono contenuti fatti gravissimi, descritti con dovizia di particolari, e sui quali non si può soprassedere come se vi fossero vittime di serie A e vittime di serie B, atteso che, ripeto, si tratta dei primi delitti, che da quanto si sa, possono considerarsi “archiviati”. E dunque quanto viene dettagliatamente esposto dall’autore del libro, assume una fondamentale rilevanza anche nella speranza di poter dare una risposta a quanto fino ad oggi non è stato possibile, grazie ad un testimone oculare, che pur avendo pubblicato cose di tale importanza, evidentemente non fu letto attentamente.
E non sono poche le osservazioni che viene spontaneo fare, specie quando sottolinea quale principale analogia tra questi delitti, il fatto che siano stati repertati sul posto, sempre lo stesso numero di bossoli, al punto da considerare tale elemento come la firma del Mostro.
Ora è impensabile che le autorità citate dall’autore e presenti alle operazioni di ricognizione, abbiano raccolto undici bossoli ad ogni delitto, e se ne siano persi la metà per la strada, e dunque che mistero si nasconde dietro circostanze tanto inquietanti?
Oltre al fatto che Mario Spezi, fa finalmente luce su un dubbio che ha impegnato gli inquirenti per molto tempo, specialmente il dottor Giuttari, nel sospettare che le pistole fossero due, e questo proprio in conseguenza del fatto che i conti non tornavano.
Spezi ripete più volte che il Mostro anche quando sparava ad esempio sette colpi, comunque finiva di scaricare completamente la pistola, magari sul corpo di uno dei cadaveri. E ci chiarisce che è sempre una stessa pistola a dieci colpi più l’undicesimo in canna.
Tutto questo, pensate, all’autore del libro era ben chiaro fin dal 1983, quando il Mostro avrebbe ancora ucciso la coppia dei tedeschi, poi Pia Rontini e Claudio Stefanacci, ed infine i due francesi, nella tenda.
Una analisi attenta del testo, potrebbe perfino farci trovare di fronte ad un quadro diverso da quanto si è sempre pensato, anche in considerazione dell’estrema esattezza con cui l’autore riferisce particolari inediti, mai emersi né in sede processuale, ne in alcun atto giudiziario.
Qualcuno vuole commentare questa circostanza e tentare di fornire una risposta?....
Io la mia l’ho già data…..
IL QUOTIDIANO “LA NAZIONE” DI IERI 20 APRILE 2009, RIPORTAVA IN CRONACA DI PERUGIA L’ARTICOLO CHE PUBBLICHIAMO QUI DI SEGUITO.
RITENIAMO CHE PARTIRE DA UN PUNTO DI RIFERIMEsNTO UFFICIALE CIRCA LO STATO ATTUALE DI QUESTA INCHIESTA, SIA UNA GARANZIA PER NON PERDERCI IN DISCUSSIONI ASTRATTE E INADEGUATE ALLA SERIETA’ DELLA VICENDA.
LA NAZIONE – 20 APRILE 2009
IL MOSTRO DI FIRENZE
Indagini sulla morte di Narducci
22 persone chiamate davanti al gup
Gli esperti di accusa, difesa e parte civile che hanno svolto le consulenze sulle cause della morte di Francesco Narducci e sulla compatibilità del cadavere ripescato al lago Trasimeno il 13 ottobre del 1985 con quello del gastroenterologo, saranno sentiti il 3 giugno prossimo, nell'ambito dell'udienza preliminare che vede imputate 22 persone per presunte irregolarità compiute in occasione del ritrovamento del cadavere del medico perugino.
Perugia, 20 aprile 2009 - Gli esperti di accusa, difesa e parte civile che hanno svolto le consulenze sulle cause della morte di Francesco Narducci e sulla compatibilità del cadavere ripescato al lago Trasimeno il 13 ottobre del 1985 con quello del gastroenterologo, saranno sentiti il 3 giugno prossimo, nell'ambito dell'udienza preliminare che vede imputate 22 persone per presunte irregolarità compiute in occasione del ritrovamento del cadavere del medico perugino.
Davanti al gup compariranno i consulenti del pm, il professor Giovanni Pierucci (che ha eseguito l'esame autoptico sul corpo di Narducci), il responsabile del Ris di Parma, colonnello Luciano Garofalo (autore della perizia antropometrica), e il medico legale Gabriella Carlesi. Per la difesa saranno sentiti Carlo Torre, Nello Balassino e Giuseppe Fortuni. Per la parte civile, infine, il professor Mauro Bacci e il dottor Massimo Ramadori.
Il gup ha anche respinto oggi l'eccezione di incompetenza territoriale che era stata avanzata dai legali di un altro degli imputati nel procedimento, il giornalista Mario Spezi. Tra le 22 persone per le quali il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio anche familiari del gastroenterologo, pubblici ufficiali, appartenenti alle forze dell'ordine e altri soggetti. Nel fascicolo sono stati contestati a vario titolo 22 capi d'imputazione per reati quali falso, omissione d'atti d'ufficio, occultamento di cadavere e altri.
Tutti gli imputati hanno sempre respinto le accuse. La parte centrale dell'inchiesta riguarda una presunta associazione per delinquere della quale sarebbe stato promotore e organizzatore Ugo Narducci, padre del medico trovato morto. Il sodalizio avrebbe operato - secondo la ricostruzione accusatoria - dal giorno della scomparsa del gastroenterologo fino a dopo il luglio del 2004 per cercare di sviare gli accertamenti sulla morte. In particolare per evitare che si ipotizzasse un omicidio legato alle vicende del mostro di Firenze.
Secondo il pm Giuliano Mignini, Narducci sarebbe stato in qualche modo legato 'almeno' agli ultimi quattro duplici omicidi avvenuti in Toscana. I familiari di Narducci hanno sempre sostenuto, invece, che il medico era del tutto estraneo alle vicende del 'mostro di Firenze'.
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"Subito dopo che l'inchiesta sui delitti attribuiti al cosiddetto Mostro di Firenze, ha visto la clamorosa svolta, confermata dagli Inquirenti, circa l'esistenza di un movente esoterico riconducibile a "personaggi insospettabili", si sono verificati episodi misteriosi e tali da rendere inquieto l'operato stesso degli addetti ai lavori, spesso posti in condizioni di non serenità proprio nei passaggi più delicati dell'indagine. Gabriella Carlizzi, che già nel 1995 formulò l'ipotesi oggi accreditata dagli Inquirenti, subendo all'epoca addirittura una richiesta di custodia cautelare, scende in campo in prima persona, e si rivolge a tutte le Autorità dello Stato, a che ciascuno operi nell'ambito dei propri doveri-poteri.
Lo Stato non rispose a questo filmato, ma l'opinione pubblica siamo sicuri che si renderà sensibile a tutelare gli interessi che appartengono all'intera collettività.
Un fatto é certo che nel 1995 la signora Anna Maria Ragni denunciò un noto scrittore per essere lui il mostro di Firenze, e la denuncia fu presentata al PM dottor Canessa il 2 marzo di quell'anno. Otto giorni dopo, il denunciato davanti al Procuratore Capo dottor Vigna e al dottor Canessa, iniziava il verbale con queste parole: "Prendo atto di essere stato convocato, come Persona offesa...". "
MOSTRO DI FIRENZE: E GABRIELLA CARLIZZI FIRMA IL CONTRATTO PER IL GRANDE SCHERMO…LA NOTIZIA E’ RIMASTA SEGRETA, NON HA VOLUTO SOVRAPPORSI ALLA TANTA PUBBLICITA’ DELL’ANNUNCIATO FILM DI TOM CRUISE CHE HA SCELTO COME PROTAGONISTA MARIO SPEZI, E COME “MOSTRO” LA GIUSTIZIA ITALIANA… MENTRE E’ IN ALLESTIMENTO UNA MINISERIE CHE ANDRA’ IN ONDA SU SKY, I CUI “ATTORI” PRINCIPALI SARANNO L’INVESTIGATORE MICHELE GIUTTARI E IL PADRE DI PIA RONTINI, UNA DELLE VITTIME DEL MOSTRO….
“LA PROTAGONISTA DEL MIO FILM SUL MOSTRO DI FIRENZE, SARA’ UNICAMENTE LA VERITA’, E SCONFESSERA’ LE TANTE MENZOGNE CON LE QUALI QUALCUNO TENTA DI INGANNARE IL GRANDE PUBBLICO…”, COSI’ HA RISPOSTO GABRIELLA A CHI FREME PER CONOSCERE IL SOGGETTO, SCRITTO DA LEI E DALLO STESSO NOTISSIMO REGISTA, UN FILM CHE SECONDO LA GIORNALISTA E SCRITTRICE SARA’ CANDIDATO ALL’OSCAR…
MARIO, IL PROTAGONISTA SARAI TU: UN GIORNALISTA CHE SI E’ MESSO IN TESTA DI RIVEDERE UN’INDAGINE POLIZIESCA SBAGLIATA E SOLO PER QUESTO E’ STATO SCHIACCIATO DAL POTERE".
E GABRIELLA CARLIZZI RISPONDE: “CARO TOM CRUISE, IL TUO ATTACCO ALLA GIUSTIZIA ITALIANA APPARE QUANTOMENO DI PESSIMO GUSTO, SE SOLO PENSIAMO CHE AL TUO PAESE ANCORA C’E’ LA PENA DI MORTE.
SE POI GLI ITALIANI SI RICORDERANNO CHE TU SEI ANCHE IL “CAPO” DI SCIENTOLOGY, E CHE IL PROTAGONISTA DEL TUO POTENZIALE FILM, E’ IMPUTATO NELLE VICENDE CHE VUOI PORTARE SULLO SCHERMO, CI SI CHIEDERA:”MA CHI GLIELO FA FARE?”
ED IO AGGIUNGO: “SEMPRE CHE LA GIUSTIZIA ITALIANA CONSENTA QUELLO CHE POTREBBE APPARIRE L’ENNESIMO DEPISTAGGIO E FAVOREGGIAMENTO …”.
Sinceramente non ho mai ritenuto di dover accogliere e valutare offerte anche molto vantaggiose, sia sul piano economico sia anche sul piano della notorietà.
Volevo portare a termine la mia accurata indagine giornalistica, volevo aggiungere l’ultimo tassello a quello che appare oggi un mosaico terrificante, perfetto, un incastro inimmaginabile di situazioni apparentemente scollegate ma tutte tenute insieme da fili invisibili, fili riconducibili ad un’unica organizzazione internazionalmente ramificata, una storia intessuta di trame, dove forse il Mostro di Firenze, come persona fisica, è la figura meno interessante, una mente malata di vendetta, un millantatore capace di procurarsi la solidarietà di nomi altisonanti, ma pur sempre un mediocre assassino.
Tuttavia, un provocatore, uno che ancora oggi si ciba, come fosse una droga, di attacchi alle nostre Istituzioni, e lo fa senza pudore alcuno, lo fa con sfregio alla memoria delle stesse sue vittime, perché così come non dà alcun valore alla sua vita, nemmeno la vita altrui merita di essere rispettata.
Ho riflettuto a lungo, su come avrei un giorno portato sullo schermo questa drammatica pagina, e sinceramente non ho mai pensato di ripercorrere ciò di cui la gente è stanca e nauseata, i delitti, i luoghi dove furono trovate le vittime, il sangue….
No, alla fine ho deciso e firmato il contratto….
Questo film racconterà la verità, racconterà come la Giustizia italiana sia stata per quarant’anni vittima non solo della furbizia di un uomo, ma soprattutto vittima di una “cupola occulta”, potentissima, cui accedono menti deviate, malate, ma il cui grado intellettivo supera la “genialità”.
In questo film, si intende riscattare quella Giustizia italiana che altri vogliono offendere, e si intende smascherare proprio costoro, si intende mostrare i veri motivi per cui dagli Stati Uniti c’è qualcuno che medita una attentato alle nostre Istituzioni.
Sarà di sicuro sconvolgente ascoltare le tante intercettazioni disposte a carico di chi ancora oggi, per la Legge italiana è imputato, e dei tanti complici, gente che assai superficialmente viene a Roma, e non sa di sedersi a tavola col Mostro di Firenze, così come, forse, non lo sa nemmeno il gestore di un’antica Osteria in quel di Trastevere…
Un giorno si dirà: “E pensare che qui veniva spesso a mangiare, insieme a qualche americano, e pure qualche fiorentino… e chi lo avrebbe immaginato?”
Un paio di settimane fa, di notte, qualcuno ha tentato di entrare furtivamente nella mia redazione, ma è dovuto scappare, dopo aver rotto una porta essendo entrato dal giardino, perché l’idiota non aveva messo in conto che sarebbe scattato l’allarme.
I Carabinieri di zona, accorsi, dopo aver perlustrato i locali, si sono resi conto che l’interesse del “ladro”, poteva essere unicamente quello di appropriarsi di documenti “scottanti”…
Ed ecco perché insisto a definire il Mostro come un povero idiota, forse accecato dalla paura di finire, prima o poi, i suoi giorni in galera, un idiota che non pensa che i documenti che lo riguardano da vicino e che finalmente li conoscerà a breve, tra i tanti spettatori del mio film, quei documenti sono da tempo al sicuro….
Ma il “Mostro” ha sempre avuto la mania di lasciare impronte dappertutto, lui e la sua volgare manovalanza, che come risulta sembrano essere più presenti a Roma che nelle colline insanguinate di Firenze.
Vorrei tanto chiedere a Tom Cruise: “ Ma lei, che ha un nome famoso, non sente il bisogno di accertarsi personalmente e documenti alla mano di come stiano realmente i fatti, prima di rischiare lo scivolone più clamoroso della sua carriera?
Perché, non si incontra con me, Gabriella Carlizzi, tanto più che ora rappresento una concorrenza sul grande schermo e di certo, in tema di Regia e di Produzione, non inferiore a quanto lei ha messo in campo per Spezi Mario?
Forse non sa che chi farà il mio film, ha già in passato conquistato l’Oscar?”
E IL GUP PAOLO MICHELI E’ COSTRETTO A RINVIARE L’UDIENZA AL 4 FEBBRAIO 2009, PERCHE’LA MEMORIA DI QUALCUNO… E’ TARDIVA (?)…OPPURE ?
E L’INCHIESTA SI ARRICCHISCE: L’AVVOCATO FILASTO’ GUADAGNA UNA QUERELA, MENTRE IL GIORNALISTA - “MOSTROLOGO” HA CONQUISTATO UNA CONDANNA IN PRIMO GRADO….
PECCATO CHE LO SFORTUNATO RIAFFIORATO DALLE ACQUE DEL TRASIMENO, IN QUEL LONTANO 13 OTTOBRE DEL 1985, PUR AVENDO IN TASCA I DOCUMENTI DI NARDUCCI PRESENTO’ LINEAMENTI DEFINITI TIPICI DEL NEGROIDE... CAPITA…
E SPERIAMO CHE IL “DOTTORE CHE VENIVA DA FUORI”, COSI’ LOTTI DEFINI IL MEDICO PERUGINO DURANTE IL PROCESSO A CARICO DEI COMPAGNI DI MERENDA, NON SI SIA OFFESO DI TALE VOLGARE SCAMBIO, LUI CHE DAL 9 OTTOBRE DI QUELL’ANNO ERA GIA’ PASSATO AD ALTRA VITA…. CHI LO “GIUSTIZIO’ ” ?
EPPURE UN VENTICELLO DI PACE SEMBRA ALEGGIARE TRA FIRENZE E PERUGIA… CANESSA E MIGNINI , ORA LIBERI DA FIGURE “TROPPO INGOMBRANTI” RITROVERANNO LA SINTONIA DI UN TEMPO?
NOI CE LO AUGURIAMO…. E PER IL MOSTRO INIZIA IL TEMPO DELLA PAURA…
E torniamo a parlare di Mostro… ma anche di mostruosità….
Tanto per fare il punto della situazione, è bene ricordare che a seguito della richiesta di rinvio a giudizio presentata molti mesi or sono dal Pm Giuliano Mignini a carico di ben ventidue eccellenti imputati, personaggi accusati di reati gravissimi dall’associazione per delinquere a gran parte del codice penale, il GUP di Perugia, Paolo Micheli ha già celebrato due udienze per stabilire se i risultati delle indagini svolte dagli inquirenti dal 2001 ad oggi, meritano di essere dibattuti in un processo, oppure si dovranno accogliere le richieste dei difensori che auspicano il proscioglimento da ogni responsabilità dei loro assistiti.
Questa seconda ipotesi appare in verità assai improbabile, e semmai si verificasse, sul piano della pubblica opinione si rivelerebbe assolutamente impopolare, atteso che, se è vero che vige il concetto di presunzione di innocenza fino ad una sentenza definitiva, nel caso specifico oltre ai riscontri investigativi, si sono espressi periti di chiara fama, non da ultimi i Ris, per non parlare delle intercettazioni telefoniche “reo-confesse”…
E si, esistono anche i telefoni che parlano, temono, si confidano, complottano, svelano, piangono….
Precursore fu il celebre Modugno con le note di “Piange il telefono…”, quando ancora, in una società più sana lo strumento giudiziario delle intercettazioni rimaneva inutilizzato.
Già, le telefonate “reo-confesse”… e la lingua batte dove il dente duole, visto che ieri le eccezioni sollevate dagli illustri difensori miravano proprio ad ottenere un decreto di inutilizzabilità delle intercettazioni disposte dal Pubblico Ministero.
Come dire, arrivederci e grazie, possiamo andarcene tutti a casa, visto che l’omertà di chi sa e ancora non parla non è strumento di prova, o meglio è la migliore garanzia per i colpevoli.
Un caso giudiziario di questo spessore, che ha coinvolto i mass-media di tutto il mondo, che ha visto decine di vittime ancor oggi in attesa di giustizia, mentre mostro, mostri e mostruosità tentano ancora di mettere il bavaglio alla verità, un caso che sta costando allo Stato e quindi agli italiani cifre che avrebbero potuto coprire il debito pubblico, al di là di un verdetto finale, deve necessariamente disporre un giudizio per tutti i presunti colpevoli.
Ciò non toglie il sacrosanto e legittimo diritto della difesa ad usare ogni strumento previsto dai codici a favore degli imputati, tuttavia sarebbe più etico un comportamento conforme al buon senso nel rispetto della norma, e soprattutto dei termini in cui il ricorso alla norma non desterebbe alcun sospetto.
Al contrario, quando taluni presunti vizi procedurali sfuggono ai più qualificati “Principi del Foro” nei tempi utili, i quali poi, in extremis li eccepiscono tardivamente, le domande di una attenta pubblica opinione, diventano inquietanti e pesano come macigni.
Basterebbe osservare il tempo che gli imputati e i loro difensori hanno avuto a disposizione per accedere agli atti del procedimento, per chiedersi come mai, fin dalla prima udienza, non hanno contestato le presunte irregolarità delle intercettazioni telefoniche?
L’osservazione è ancor più legittima se si pensa che nell’udienza precedente, il GUP dottor Micheli, sentite tutte le parti in causa, procedeva alla nomina e alla convocazione all’udienza di ieri, 21 gennaio, di un perito fonico il quale avrebbe assunto formalmente l’incarico di sbobinare le intercettazioni ed eventualmente riscontarne la loro integrità.
E’ ovvio, che se fossero state sollevate in quella sede le eccezioni avanzate invece solo ieri, il Giudice si sarebbe riservato di decidere nel merito, e solo dopo aver sciolto la sua riserva avrebbe proceduto a nominare il perito.
Esiste ancora l’etica deontologica nella materia forense?
O forse è un valore d’altri tempi?
La prima mancanza di rispetto è stata a parer nostro proprio verso il Giudice, il quale si è dovuto scusare ieri con il perito, e rimandarlo a casa, dovendo prima decidere se le intercettazioni “galeotte” possono essere utilizzate oppure no.
Ma vediamo su quali specchi ci si è arrampicati, sia pure con toni sommessi e che hanno sfiorato il patetico quando si è sottolineata la violazione della privacy per un tempo così prolungato e di persone tanto per bene…
Peccato che queste “povere” persone, quando furono interrogate dagli inquirenti negarono tutto ciò che si sono vicendevolmente confidato nel corso di conversazioni telefoniche che oggi si vorrebbero vanificare nel nulla…
E con quali motivazioni?
Sembrerebbe che in alcuni casi manchi la convalida del Gip alla articolata richiesta presentata dal Pubblico Ministero.
In altri casi, poiché lo strumento delle intercettazioni è stato richiesto utilizzando un apposito modulo prestampato, roba d’altri tempi, dicono i difensori (!), mentre la norma attuale prevede una relazione che espliciti le gravi motivazioni della richiesta, tale vizio di forma deve bastare per sancire la non utilizzabilità delle “prove”!
Tentiamo, da semplici e privati cittadini, di esprimere la nostra opinione.
Innanzitutto, come già detto, queste eccezioni dovevano e potevano essere sollevate prima che il GUP procedesse alla nomina di un perito.
In secondo luogo, quando gli atti del Pubblico Ministero sono stati depositati e divenuti accessibili per le parti in causa, tutti hanno per molto tempo abbondantemente messo le mani nei fascicoli, estratto fotocopie, cercato documenti, nell’ambito di una grande stanza che a malapena contiene le risultanze di anni ed anni di indagini, migliaia di carte , in un caotico disordine tale da poter supporre che qualcosa sia andato perso, o spostato da un fascicolo ad un altro, o malauguratamente possa essere stato perfino sottratto da qualche “manina” interessata.
E dunque, in un quadro simile, dovrebbe essere la ricerca della verità a farne le spese?
Ma scherziamo?
Di contro alle eccezioni sollevate dalle difese, anche il Pubblico Ministero potrebbe a buon diritto presentare una denuncia contro ignoti per manomissione di atti processuali, non vi pare?
E sarebbe una denuncia ancor più motivata se si sottolineasse l’anomala e tardiva presentazione della richiesta di non utilizzabilità delle intercettazioni, atteso che se nessuno ha avuto nulla da eccepire prima della nomina del perito, e deve darsi per scontato che gli atti fossero passati tutti al vaglio dei difensori, non si comprende l’improvviso “ritorno di memoria”
Naturalmente tali “disguidi” costano, se solo si pensa in termini monetari al peso di prenotazione di un’aula per lo svolgimento di un’udienza, alla messa a disposizione del personale di udienza, alle trasferte di coloro che vivono e lavorano fuori da Perugia, e così via.
In tale clima, c’è da attendersi l’inizio della girandola dei certificati medici, proprio come accadeva nei maxi processi di Mafia: quando gli imputati sono tanti, basta che uno solo avanzi un legittimo impedimento a partecipare all’udienza, che l’udienza stessa deve essere rinviata.
Con quali conseguenze?
Semplice: la macchina del tempo non si ferma, e i tempi di prescrizione dei reati quando i tempi della giustizia rallentano, si rivelano un favore per gli imputati, in spregio della verità e della memoria delle vittime.
Nel caso specifico, mi piace richiamare l’attenzione dei lettori anche su un altro aspetto: la coerenza di una strategia di difesa.
Ora, come ricorderete, un procedimento connesso a questo di cui si parla, riguarda i mandanti e/o esecutori dell’omicidio di Francesco Narducci.
Ebbene, il Pubblico Ministero, anche a causa di incresciosi intralci alle indagini, ha ritenuto di chiedere l’archiviazione del procedimento per insufficienza di prove.
Ora, gli indagati, anziché “festeggiare” per essere scampati al pericolo di un altro processo, si sono opposti all’archiviazione, reclamando a gran voce l’assoluta chiarezza sulla loro totale estraneità ai fatti loro contestati, fatti seppure non sufficienti per celebrare un processo, ma sempre fatti che lasciano dubbi.
In questa circostanza sono venuti a trovarsi in perfetto accordo sia gli accusati che le parti offese, queste ultime invece protagoniste delle ormai famose intercettazioni.
Dunque, fin qui la logica della chiarezza e della trasparenza, perché in questa drammatica vicenda non resti nemmeno l’ombra di un dubbio sembrava prevalere.
Chissà perché poi, in conformità con questa scelta di campo, non si è lasciato che un Giudice sancisse l’innocenza degli imputati avvalendosi di tutto il materiale prodotto dagli inquirenti, intercettazioni comprese.
Si è deciso invece di far valere “cavilli” procedurali allo scopo di vanificare la sostanza e il contenuto delle intercettazioni.
Ma un’altra domanda è d’obbligo, se solo proviamo a ribaltare la nostra critica.
Allora dovremmo chiederci perché mai i difensori, convinti di nullità procedurali, non hanno atteso di avanzare le relative eccezioni, in caso di condanna dei loro assistiti, nella sede della Corte di Cassazione?
La Cassazione è appunto la sede atta a stabilire gli elementi di nullità e i vizi di procedura rilevati nel corso di un dibattimento, nei due gradi precedenti.
La storia ci ha insegnato che personaggi di chiara fama, condannati perfino e forse direi soprattutto, per reati di Mafia o terrorismo, o stragi, in primo grado e in Corte d’Appello, sono stati poi assolti dalla Cassazione, magari perché un timbro su una notifica era stato apposto a destra invece che a sinistra…
Insomma, spesso è bastato il vizio procedurale, per assolvere incalliti e pericolosi criminali.
In questi casi, avvocati di primo piano, pur consapevoli della presenza di elementi di nullità, non li eccepivano durante il processo, ma preferivano arrivare in Cassazione e veder cassare la sentenza di condanna dei loro assistiti.
Ora, tornando al caso in questione, e analizzando le strategie difensive, sembrerebbe che si tema qualcosa che è ancora in essere, in divenire, insomma le eccezioni avanzate, potrebbero paradossalmente apparire “precoci”, come se dovessero precedere chissà quali e gravi ulteriori colpi di scena.
Qualcuno si chiederà: come mai “la Carlizzi” ha ritenuto di analizzare certi comportamenti da punti diametralmente opposti? E la domanda sarebbe pertinente.
Infatti il motivo che mi ha spinto a considerare anche questo ultimo aspetto, è scaturito dalla ripetuta asserzione dei difensori relativamente al sottolineare al Giudice che le eccezioni da loro avanzate si riferivano solo alle intercettazioni di loro stretta pertinenza, dissociandosi da analoghi interessi di altri imputati, come ad esempio Mario Spezi.
Questa precisazione ieri è stata fatta tante di quelle volte che effettivamente mi sono chiesta: “Ma che bolle in pentola? Forse vogliono prendere le distanze, perché Spezi è stato condannato in primo grado, nel processo a suo carico per essere stato scoperto con il registratore mentre era interrogato dal Pubblico Ministero dottor Mignini? Forse temono che le intercettazioni disposte a carico di Spezi siano compromettenti per il caso Narducci? O forse sanno che chi effettuò alcune indagini fu anche testimone di fatti capaci di chiarire fino in fondo la storia del Mostro di Firenze, e pertanto anche delle vicende connesse alla morte di Francesco Narducci? “
Ecco che in questa diversa ottica, le strategia di difesa attuata ieri, avrebbe un fondamento più eloquente, come dire “Anche se stiamo tutti nella stessa barca, sarà meglio che ciascuno remi da solo e per salvare la propria pelle”.
Avete letto nei titoli di questo articolo anche di una querela.
Ebbene si, l’ho presentata ieri insieme al mio avvocato Carla Archilei contro il difensore di Mario Spezi, Nino Filastò.
Infatti costui, alla scorsa udienza presentò una memoria che aveva depositato anche in un altro in procedimento in essere a carico del suo assistito, nella quale l’illustre avvocato ha messo nero su bianco, firmando in prima persona, calunnie e offese di ogni genere nei miei confronti.
A parte il fatto che non si capisce bene come in questa clamorosa vicenda giudiziaria, gli imputati anziché difendersi dai fatti loro contestati, se la prendono con me e con i Magistrati che semmai hanno trovato i necessari riscontri a quanto da me riferito in veste di persona informata sui fatti.
Invece no: i fatti non li sfiorano neanche, e il perché lo sanno fin troppo bene, loro preferiscono attaccare la mia fede religiosa come cattolica convinta, toccando il fondo quando si esprimono come nemmeno il peggiore degli uomini si azzarderebbe.
Evidentemente devo diventare ricca con il risarcimento dei danni che naturalmente pretenderò da chiunque leda la mia immagine e la mia credibilità.
E sempre nei titoli, ho fatto riferimento al pentito Lotti…
Sulle cause della sua morte il dubbio mi è sempre rimasto dal giorno in cui ne venni a conoscenza.
Infatti poche ore prima che Lotti passasse ad altra vita, io mi trovavo a Firenze, e proprio durante un interrogatorio con il dottor Canessa, espressi l’opportunità di un nuovo interrogatorio del “Katanga” (soprannome di Lotti), in quanto mi era giunta la “soffiata” che costui avrebbe fatto ufficialmente il nome di quello che chiamava “ un dottore che veniva da fuori”.
Ricordo perfettamente che il dottor Canessa quando gli prospettai questa eventualità mi rispose: “Signora, è proprio quello che ho deciso di fare, un giorno di questi intendo andare a interrogare Lotti”.
Bè, il destino, o forse chissà il “Grande Orecchio” provvide all’eliminazione di Lotti, il quale era si malaticcio ma forse non al punto di morire su due piedi, se il dottor Canessa voleva interrogarlo…
Se a questa ennesima stranezza aggiungiamo il fatto che il trafiletto uscito su un quotidiano il giorno dopo la morte di Lotti, era stato oggetto di un racconto di un noto scrittore pubblicato due anni prima la morte dello stesso Lotti, allora chi di dovere farebbe bene a riesumare la salma del Katanga e accertare le reali cause della sua morte….
Quel racconto è ben custodito, con tanto di data di pubblicazione, e lo si può comparare con il trafiletto del quotidiano che annunciava la morte di Lotti, e ambedue questi documenti li metto fin da ora a disposizione dell’Autorità Giudiziaria qualora mi siano chiesti.
Certo è che accostando il nome dell’autore del racconto a quello di chi scriveva sul quotidiano, sapendo che ambedue questi nomi figurano nel processo relativo al “caso Narducci”, si può avanzare l’ipotesi che Lotti quando diceva di “un dottore che veniva da fuori” si riferisse proprio al gastroenterologo di Perugia.
Nessuna certezza, ma tante ipotesi, tutte, a mio avviso, meritevoli di essere approfondite.
E veniamo al “venticello di pace” che sembra aleggiare tra Firenze e Perugia.
Una realtà è indiscutibile.
C’è stato un tempo in cui i due Magistrati, Canessa e Mignini, lavoravano gomito a gomito, in perfetta sintonia e con tanto rinnovato entusiasmo, convinti di poter finalmente onorare le vittime del Mostro di Firenze.
Purtroppo, occulte ragioni e comportamenti conseguenti da parte di “ragioni di Stato” deviate, e collocate in soggetti al servizio dell’antistato, hanno rotto l’armonia tra questi due uomini, degni di rappresentare una bella pagina della Giustizia italiana.
In questo caso giudiziario, senza precedenti al mondo, il barlume della verità si iniziò a vedere solo quando alle indagini di Firenze furono collegate quelle di Perugia, e in quello stesso momento ci si attivò per stroncare il lavoro congiunto dei due magistrati.
Le conseguenze si sono immediatamente viste, basti pensare alla assoluzione del farmacista Calamandrei, ritenuto dagli inquirenti figura chiave in concorso con altri, e di collegamento tra la morte di Francesco Narducci e i delitti delle coppiette.
Ecco che gli stessi delegati alle indagini che nel 1998 avevano fatto giungere sul tavolo del dottor Canessa, la totale estraneità di Calamandrei dai delitti del Mostro, considerando che il farmacista era nuovamente caduto nel mirino degli inquirenti, hanno pensato di addebitargli tanti di quegli indizi di colpevolezza che il PM di Firenze lo ha portato alla sbarra con l’accusa di essere lui, il Calamandrei, il mandante dei duplici delitti.
E come sempre accade, di fronte ad una accusa abnorme se carente del suo anello di congiunzione tale da costituire prova certa, il processo si è concluso con l’assoluzione del Farmacista di San Casciano Val di Pesa.
Domanda: “Siamo certi che le cose sarebbero andate ugualmente se i due Magistrati si fossero scambiati serenamente i risultati delle loro indagini?”
E allo stesso modo, l’inchiesta sul “caso Narducci” sarebbe tanto più forte e inattaccabile se completata da atti giudiziari che sono nella disponibilità del magistrato fiorentino.
E se il Mostro di Firenze, fosse una Bestia a tre teste, di cui una sola è morta e le altre due ancorasono vive e capaci di cibarsi delle vite altrui?
Spero che l’aver fatto il punto della situazione, si riveli utile a chi ancora crede nella Giustizia.
Giovedì 22 Gennaio 2009
Gabriella Pasquali Carlizzi
Descrizione Fotografie (dall'alto al basso)